di David Allegranti
ROMA (Public Policy) – Con la discesa in campo largo di Elly Schlein, aspirante segretaria del Pd mai stata iscritta al Pd, il congresso per trovare il successore di Enrico Letta si va completando. Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna, si è già ufficialmente candidato da giorni, anche se in realtà lo era ufficiosamente da mesi, per non dire anni (almeno dalla vittoria elettorale alle Regionali del 2020).
“Siamo qua per far partire un percorso collettivo per un contributo alla ricostruzione di un nuovo Pd di cui abbiamo bisogno”, ha detto domenica Schlein al Monk, locale di Roma in cui un tempo si esibiva Tommaso Paradiso agli esordi nella scena romana: “Questo processo costituente è un’occasione. Portiamo le nostre proposte. Non siamo qua per fare una partita da resa dei conti identitaria, ma per fare il nuovo Pd, tenere insieme la comunità e salvaguardare il suo pluralismo, le sue diversità, ma senza rinunciare a una identità chiara, comprensibile e coerente. Non è una sfida da leggere nella divisione fra riformismo e radicalità, c’è un campo comune: come cambiare il modello di sviluppo neoliberista che si è rivelato insostenibile”, ha aggiunto Schlein all’iniziativa “Parte da noi”: “Siamo qua non per fare una nuova corrente, siamo un’onda non una corrente nuova. Non ci saranno mai gli schleiniani”. Questa, a dire il vero, l’aveva detta anche Renzi.
Il giorno precedente, sabato, Bonaccini ha invece annunciato a Firenze il ticket con Dario Nardella, sindaco di Firenze, che dunque non si presenterà al congresso: “La parola rottamazione non l’ho mai usata neanche quando andava di moda”, ha detto il presidente della Regione Emilia-Romagna, “perché non abbiamo bisogno di mandare via nessuno, anzi noi abbiamo bisogno di far venire in questo partito tanta gente che se ne è andata o avere l’ambizione di portarne altra che non è mai venuta. Non si tratta di mandare via nessuno o di portare via il ruolo a qualcuno, ma si può essere utili in tanti ruoli. Io dico, e lo dico con rispetto, che serve una nuova classe dirigente, anche perché veniamo a livello nazionale da troppe sconfitte”. Bonaccini ha spiegato anche che se diventerà “segretario nazionale del Pd non succederà mai più che in una elezione politica nessuno dei leader del gruppo dirigente non si candida in un collegio dove vive, dove abita, dove lavora, per cercare di fare la battaglia per portare più voti possibili al suo partito”.
Su Bonaccini e Schlein si stanno dunque dividendo le correnti del Pd. Da sottolineare come entrambi dicano di voler disarticolare le correnti, salvo poi aver bisogno dei voti dei capibastone per arrivare alle primarie. Base riformista di Lorenzo Guerini su Bonaccini, Marco Furfaro, capogruppo Pd in commissione Affari sociali alla Camera, ex Sel, e Peppe Provenzano, vicesegretario del Pd, su Schlein. L’eventuale vittoria di Schlein potrebbe essere problematica, perché potrebbe corrispondere all’addio della componente riformista del Pd: “Vivo questo congresso come un’ultima occasione di rilancio per il partito al quale ho convintamente aderito nel 2011”, ha detto il sindaco di Bergamo Giorgio Gori in un’intervista a HuffPost: “Ho condiviso la sua Carta dei valori, aldilà delle leadership che si sono alternate. Oggi leggo che qualcuno vorrebbe mandare quella Carta al macero, e sospetto che siano gli stessi che vorrebbero Elly Schlein segretaria, per dare vita alla ‘rifondazione’. Rispondo quindi: dipende. Se i fondamenti del Pd non verranno stravolti rimarrò in questo partito. Altrimenti prenderò atto del fatto che il Pd è diventato un’altra cosa, e mi riterrò libero di decidere il da farsi”. Nel Pd sembra tirare insomma nuovamente aria di scissione.
@davidallegranti