(Public Policy) – Roma, 4 dic – Il punto di fondo della
revisione della spesa per le Pubbliche amministrazioni è
“rimuovere la ‘maledizione’, con noi da quasi 60 anni, che
vede il settore pubblico italiano ‘condannato’ a una scarsa
efficienza tecnologica strutturale, rispetto al sistema
produttivo privato”. Il ministro per i Rapporti col
Parlamento Piero Giarda, intervenendo oggi al convegno del
Gse e di Federesco sull’efficienza energetica nelle
pubbliche amministrazioni, ha sottolineato l’importanza
degli interventi volti a rendere più efficienti le attività
produttive pubbliche, e conseguentemente ridurre i costi
fiscali dovuti alla scarsa produttività.
“L’innovazione serve per ridurre i costi”, ha detto Giarda,
sottolinando come tutte le iniziative, tra cui quelle volte
all’efficienza energetica, volte a ridurre il peso di questi
costi “siano dunque benvenute”.
IL GAP DEI COSTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
“Voglio dare un quadro di riferimento per cui la spending
review puó diventare elemento cruciale per il Paese. La
spesa pubblica al netto degli interessi è di circa 730
miliardi, più 70-80 di interessi sul debito. Una parte
significativa delle tasse vanno a finanziare pensioni e
interessi 250 le prime 70-80 i secondi, in totale 330
miliardi. L’altra metß della spesa circa è diretta
all’acquisto di beni e servizi che hanno un impatto diretto
sull’economia: investimenti, acquisto di merci, di energia,
e redditi da lavoro”.
La spesa per consumi pubblici é una categoria che
storicamente, ha ricordato Giarda, ha avuto un tasso di
crescita dei costi di produzione più alto di quello dei
costi di produzione dei beni privati. “C’è dunque
un’arretratezza teconologica: é un settore i cui costi
aumentano di più delle alternative, e cioé i costi di
produzione privati”.
Giarda ha ricordato i settori produttivi dello Stato: “Il
più grosso é la scuola, il secondo é la sanità, il terzo la
sicurezza. Poi ci sono i servizi degli enti locali e la
difesa. Nei processi produttivi di tutti questi comparti il
fattore lavoro è prevalente, e c’é un tasso di progresso
tecnico molto basso: un’alta intensità di lavoro e una forte
difficoltà a percepire il progresso tecnico”.
Non sorpende dunque, per il ministro, “che con questa
struttura di produzione, la dinamica dei costi sia ‘tirata’
da quella salariale”. In Italia, ha ricordato, i salari
pubblici sono simili a quelli del settore privato, dove però
c’é molta più intensità di capitale e di tecnologia.
Considerata nel contesto di questa differenza di struttura
produttiva, “l’uniformità dei salari si traduce in un
aumento dei costi pubblici rispetto al privato”. Aumento che
inevitabilmente finisce per essere finanziato a spese dei
contribuenti, e aiuta a spiegare il cronico aumento della
pressione fiscale nel Paese, che solo negli ultimi vent’anni
è aumentata – è il dato riportato da Giarda – di 4 punti
percentuali sul Pil.(Public Policy)
LEP