PD, SANGALLI: IL PARTITO DEMOCRATICO SI È CHIUSO NEL PROPRIO RECINTO

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Per approfondire:

L’INTERVISTA DI BERSANI ALL’UNITÀ

(Public Policy) – Roma, 7 mag – “Deprivati dell’unico
bersaglio della nostra opposizione potremmo vagare alla
ricerca di un nemico come capitava a quei soldati giapponesi
che, dispersi nella giungla delle proprie certezze, non
hanno mai incontrato la pace”. Era la profezia lanciata dal
Gian Carlo Sangalli in qualità di presidente della Cna,
l’organizzazione degli artigiani e dei piccoli imprenditori
di sinistra, nel 2009 durante la scuola politica del Pd.

Da quella profezia così attuale parte l’intervista rilasciata
ad Italia Oggi, nella quale Sangalli, oggi senatore
democrat, fa un’analisi degli errori commessi dal Pd.
L’identità del Pd – spiega – deve essere completamente
nuova, molto simile a quella dei democratici americani, al
cui interno convivono sensibilità differenti ma che si
identificano in una visione della società e in una proposta
di governo”.

L’idea di Pd cara a Sangalli, vicina al 33% dei consensi
raccolti nel 2008, “si concepiva proiettato nel futuro e che
in qualche modo stava lasciando gli ancoraggi che
appartenevano alla storia e alla cultura politica del secolo
scorso. Che aveva avversari, sì, ma vissuti non come nemici
ma competitori nelle idee, visioni diverse che distinguono
tra sviluppo e crescita e che usciva dagli steccati del
confronto classista: sinistra-destra,
socialismo-capitalismo”.

Un’idea che il parlamentare ha in parte ritrovato nelle
primarie di Bersani tanto da sostenerlo: “Avevo rivisto la
possibilità di dare tensione a quell’idea. C’erano segnali
positivi, pareva possibile un avanzamento nel senso
democratico, che costringesse l’altra parte a fare qualcosa
di analogo. Il gioco era un po’ riuscito. Berlusconi
sembrava ritirarsi, nel Pdl si mettevano in moto spinte
rinnovatrici, si parlava addirittura di primarie. Pareva
possibile una modernizzazione”.

Il voto ha fatto saltare tutto: secondo Sangalli “non si è
compresa perfettamente la crisi del Paese, crisi pesante. Di
fronte alla crescita dei Paesi emergenti, l’Ue pare vecchia,
titubante, conservatrice, impaurita. Gli italiani hanno
bisogno delle istituzioni per ricomporre la frattura che li
attraversa. Un messaggio che solo a Giorgio Napolitano è
stato subito chiaro, come è stato evidente nel discorso di
insediamento del secondo mandato”.

Sugli errori commessi dal Pd in occasione del voto per il Quirinale,
Sangalli precisa: “Non capendo che per la massima carica occorreva,
esclusivamente, una soluzione istituzionale condivisa.
Marini rispondeva a questa necessità”.

Marini, prosegue il senatore, poteva consentire che quel
tentativo si compiesse in Parlamento, obbligando per esempio
i M5s a dirsi contrari a molte cose che stanno nel loro
programma. Poi il tentativo Prodi: “Avventato, sbagliato
metterlo in campo a quel modo. Una inversione a ‘u’ in
autostrada”.

Sulla sofferenza del Pd rispetto al governo delle larghe
intese, Sangalli osserva: “Qui non si tratta di grande
coalizione ma di una situazione di emergenza. C’è bisogno di
una convergenza su alcune cose: legge elettorale che
consenta maggioranze in Parlamento e di immediate risposte
economiche. Dobbiamo fare scelte gravose di politica
economiche, perché stiamo ancora sull’orlo del baratro, e i
mercati ci misurano al centimetro sull’indebitamento”.
Sangalli rifiuta l’idea del ritorno al voto: “Col Porcellum
saremmo tornati punto e a capo e la lacerazione sarebbe
stata enorme. Solo degli irresponsabili possono farne
questione di identità”.

Gli imprenditori, con cui Sangalli continua a essere sempre
in contatto, sono sconcertati dalla mancanza di visioni e
soluzioni politiche. Sconcerto e protesta che, in questi
mondi, ha portato voti al M5s. I soloni dell’alta politica
in particolare a sinistra, si misurino qualche volta con
questi mondi e con questa umanità”.

Sul futuro del Pd vicino alla fase congressuale, l’ex
leader della Cna non ha dubbi: “Mi piacerebbe che la
politica esprimesse una forte dignità e diminuisca il
personalismo da talk show, il notabilitato delle correnti.
Mi aspetto che i leader si dimostrino degli statisti e
facciano un congresso prima di tutto nell’interesse generale
del Paese. Il tema di fondo mi pare questo: partito
democratico o partito socialdemocratico. Spero siano visioni
diverse del futuro non esercitazioni per miserevoli
regolamenti di conti. Il tema della forma partito e lo
stesso tema generazionale sono conseguenti a ciò che si
vuole essere”.

Infine, un commento sul documento di Barca. “Mi pare un
esercizio culturale e un po’ intellettualoide che
costringerà lui, che di solito è uomo pragmatico, e gli
altri che lo sostengono a essere più espliciti su quello che
vogliono per il Paese”. (Public Policy)

SAF