Come potrebbe cambiare il testo sulla diffamazione

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ROMA (Public Policy) – Per la proposta di legge sulla diffamazione ancora non sembra arrivare la parola fine. Con tutta probabilità infatti, nonostante la pdl sia arrivata per la seconda volta all’esame della commissione Giustizia alla Camera, il testo dovrà tornare per una seconda lettura anche in Senato. Almeno una modifica, infatti, sembra essere certa: proprio il maggior partito della maggioranza, il Pd, sembra intenzionato a voler sopprimere dalla pdl l’articolo che disciplina il diritto d’oblio.

Come il Pd, anche Sel e M5s, lunedì scorso allo scadere del termine per la presentazione degli emendamenti, hanno depositato proposte emendative in questo senso (l’articolo era stato criticato quasi da tutti in fase di audizione). Sarà dunque sufficiente una modifica per costringere i senatori ad esaminare per la seconda volta la proposta.

COSA PREVEDE LA PROPOSTA DI LEGGE La pdl, che ha iniziato l’iter legislativo nella commissione Giustizia della Camera il 4 giugno 2013, e che è frutto di diverse proposte (Pd, Psi, FI, Sc, M5s, Lega), è stata modificata – in prima lettura – sia a Montecitorio che a Palazzo Madama. Scopo principale, in sintesi, è sostituire la pena del carcere per chi diffama a mezzo stampa con una multa fino ai 10 mila euro (fino a 50mila se il fatto attribuito è consapevolmente falso). Alla condanna è associata la pena della pubblicazione della sentenza. In caso di recidiva reiterata, è prevista anche l’interdizione da uno a sei mesi dalla professione.

La rettifica sarà valutata dal giudice come causa di non punibilità. Ma il provvedimento contiene anche diverse altre norme: nella diffamazione a mezzo stampa il danno sarà quantificato sulla base della diffusione della testata, della gravità dell’offesa e dell’effetto riparatorio della rettifica (l’azione civile dovrà essere esercitata entro due anni dalla pubblicazione); obbligo di rettifica per il direttore o per il responsabile della testata entro due giorni dalla richiesta, tranne nel caso in cui una rettifica “sia documentalmente falsa”.

E ancora: diritto, per la parte di lesa, di chiedere ai siti internet e ai motori di ricerca l’eliminazione dei contenuti diffamatori o dei dati personali trattati in violazione della legge sulla diffamazione (cosiddetto diritto d’oblio); fuori dei casi di concorso con l’autore del servizio, il direttore o il suo vice rispondono non più “a titolo di colpa” ma solo se vi è un nesso di causalità tra omesso controllo e diffamazione; in caso di querele temerarie il giudice può condannare l’attore della querela oltre che a pagare le spese del processo “al pagamento a favore” di chi ha subito la querela “di una somma in via equitativa”; non solo il giornalista professionista, ma ora anche il pubblicista potrà opporre al giudice il segreto sulle proprie fonti; anche per l’ingiuria e la diffamazione tra privati viene eliminato il carcere, ma aumenta la multa (fino a 5mila euro per l’ingiuria e 10mila per la diffamazione) che si applica anche alle offese arrecate in via telematica.

COME POTREBBE CAMBIARE Oltre alla soppressione dell’articolo sul diritto d’oblio un’altra modifica – come anticipato le scorse settimane da Public Policy – potrebbe riguardare l’estensione della nuova disciplina sulla diffamazione a tutti i prodotti realizzati su supporto cartaceo, compresi i libri, e su sopporto informatico, dunque anche e-book e blog. Un emendamento Pd – a prima firma David Ermini, responsabile Giustizia del Partito democratico – agisce infatti sulla parte della proposta che sostituisce la pena detentiva per i giornalisti con la sola pena pecuniaria.

La proposta del Pd – firmata anche dal deputato Franco Vazio – non fa altro che sostituire il riferimento alle testate giornalistiche online registrate ai sensi dell’articolo 5 legge 8 febbraio 1948, n. 47 con il riferimento ai prodotti editoriali di cui all’articolo 1 della legge n.62 del 7 marzo 2001. Un altro emendamento Ermini potrebbe eliminare, dall’articolo dedicato alle querele temerarie, l’esplicito riferimento alla “temerarietà delle querele” riportando la formulazione del testo alla versione licenziata da Montecitorio in prima lettura, stabilendo quindi limiti ben precisi (da mille a 10mila euro) al risarcimento in favore delle persone ingiustamente querelata, invece di una generica “somma determinata in via equitativa”. Ancora un emendamento Pd mira poi a includere, tra i casi di diffamazione perpetrati in malafede o con colpa grave, anche quelli commessi dalle testate giornalistiche online, e a far si che il risarcimento imposto dal giudice a favore della persona offesa sia “non superiore alla metà dell’oggetto della domanda risarcitoria” anziché – di nuovo – lasciare discrezionalità al magistrato.

Una modifica potrebbe riguardare anche la competenza del giudice: “Per il delitto di diffamazione a mezzo stampa, nonché a mezzo testate giornalistiche online e radiotelevisive, è competente il giudice del luogo ove ha sede la redazione giornalistica ovvero editoriale”, si legge in un altro emendamento Ermini. Se questo non fosse noto “la competenza appartiene al giudice della residenza, della dimora o del domicilio dell’imputato” o, se nemmeno così fosse possibile, “al giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio del Pubblico ministero che ha provveduto per primo” all’iscrizione del reato. (Public Policy) NAF