(Public Policy) – Roma, 16 nov – Degli 11,6 milioni di
pensionati con pensione di vecchiaia, più di 4 milioni
(oltre il 35%) percepiscono cifre inferiori a 1.000 euro. Di
questi, 741 mila (il 6,4%) ricevono meno di 500 euro al mese.
I lavoratori italiani pensano che quando andranno in
pensione riceveranno un assegno pari in media al 55% del
proprio reddito attuale. Un quarto dei lavoratori crede che
avrà una pensione inferiore al 50% del reddito da lavoro e
il 43% che al massimo sarà compresa tra il 50% e il 60% del
reddito.
I dipendenti pubblici si aspettano una pensione pari al 62%
del loro reddito, i dipendenti privati pari al 55% e gli
autonomi al 51%.
Sono anticipazioni di una ricerca realizzata dal Censis per
la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip),
l’autorità amministrativa indipendente che vigila sul buon
funzionamento del sistema dei fondi pensione, a tutela degli
aderenti e dei loro risparmi destinati a previdenza
complementare.
La ricerca, intitolata “Promuovere la previdenza
complementare come strumento efficace per una longevità
serena”, sarà presentata a gennaio.
DOMINANO LE INCERTEZZE
I giovani di 18-34 anni prevedono che avranno una pensione
pari al 54% del reddito e i più anziani pari al 60%. Secondo
l’opinione del 46% degli attuali occupati si va incontro a
una vecchiaia di ristrettezze, senza grandi risorse da
spendere: il 24,5% ritiene che non potrà vivere
nell’agiatezza, anche se qualche sfizio potrà toglierselo,
il 21,5% afferma che la situazione è molto incerta e non
riesce a immaginare come sarà la propria vecchiaia.
Soltanto l’8% pensa che potrà godersi un po’ di serenità
anche grazie a buoni redditi.
L’84% dei lavoratori
italiani è convinto che le regole della previdenza
cambieranno ancora. L’insicurezza riguarda anche il percorso
previdenziale personale: il 34% dei lavoratori (percentuale
che sale al 41% tra i dipendenti privati) teme di perdere il
lavoro e di rimanere senza contribuzione, il 25% di dover
affrontare una fase di precarietà con una contribuzione
intermittente, il 19% di avere difficoltà a costruirsi,
oltre la pensione pubblica, fonti integrative di reddito,
come ad esempio la previdenza complementare.
Nella crisi, sottolinea la ricerca, la previdenza, come
sistema e come percorso personale, catalizza paure e
incertezze, creando ansia piuttosto che sicurezza.
IL FAI-DA-TE
Come fonte di reddito per integrare la pensione pubblica,
il 70% dei lavoratori indica forme di risparmio diverse
dalla previdenza complementare (un fai-da-te con: acquisto
diretto di strumenti finanziari, investimenti immobiliari,
polizze assicurative).
Soltanto il 16,5% dichiara di preferire una forma di
previdenza complementare (dai Fondi pensione ai Piani
individuali di pensionamento).
Sono 6 milioni i lavoratori che hanno una conoscenza
sufficiente della previdenza complementare, mentre 16
milioni di fatto non la conoscono o la conoscono male.
La scarsa consapevolezza tra i lavoratori chiama in causa i
loro canali informativi: il sindacato, al quale si rivolgono
soprattutto dipendenti pubblici (47%) e privati (36%); poi
gli interlocutori privilegiati dei lavoratori autonomi, gli
assicuratori (23%) e le banche (20%); i datori di lavoro,
importanti per i dipendenti privati (13%). Internet è una
fonte informativa per il 15% degli intervistati.
Tra quelli che la conoscono ma che non l’attivano, il 41%
non si fida degli strumenti di previdenza complementare, il
19% si ritiene troppo giovane per pensare alla pensione, il
9% preferisce lasciare il Tfr in azienda.
La previdenza complementare non decolla per difficoltà di
contesto (i redditi bassi, il decrescente tasso di risparmio
e la paura di perdere il lavoro) e per difficoltà
specifiche, come la percezione di un costo aggiuntivo che
andrebbe a pesare su redditi già stressati, la scarsa
informazione, la poca fiducia. (Public Policy)
SPE