di Gaetano Veninata
ROMA (Public Policy) – Succede che Maria Cristina Cantù, classe 1964, di Varese, senatrice della Lega di Salvini, disgraziatamente citi in aula (il 9 giugno scorso) il proverbio per nulla varesotto ma deliziosamente napoletano dello scarrafone. Così: “Dicono che ogni scarrafone è bello a mamma sua e quindi potrei essere tacciata di dare un’opinione di parte, vi invito però a riflettere” etc etc etc.
Eh no, senatrice. No. Buona questa catrèga ma anche no. Il resoconto stenografico è impietoso, e due giorni dopo arriva lo straordinario “avviso di rettifica”:
Nel Resoconto stenografico della 226a seduta pubblica del 9 giugno 2020:
a pagina 39, nell’intervento della senatrice Cantù, alla quinta riga del secondo capoverso, sostituire le parole: “ogni scarrafone è bello a mamma sua” con le seguenti “ogne scarrafone è bell’ a mamma soja”.
Povera senatrice Cantù, ci sarà qualcuno così gentile da farle ascoltare – per esercitarsi nel dialetto napoletano – ‘O scarrafone di Pino Daniele? D’altronde anche lui, buonànima, si permetteva licenze nordiche: “Accidenti a questa nebbia / te set adre a laurà / questa Lega è una vergogna / noi crediamo alla cicogna / e corriamo da mammà”. (Public Policy)
@VillaTelesio