di Gaetano Veninata
ROMA (Public Policy) – Tra le cose da salvare, di questa settimana di lavoro parlamentare a singhiozzo, c’è sicuramente il ricordo fatto al Senato, da Valeria Fedeli del Pd, di Giuseppe Di Vittorio.
Perché se di retorica parliamo, che sia pasoliniana:
“Il racconto del suo funerale fatto da Pier Paolo Pasolini per Vie Nuove descrive perfettamente questa trasformazione, la capacità che Di Vittorio ha avuto di costruire una rappresentanza che è fatta di fisicità, fatica condivisa ma anche di emancipazione, di crescita personale e cambiamento organizzato. ‘Non ho mai visto gente così, a Roma. Mi sembra di essere in un’altra città‘, scrive Pasolini. ‘Migliaia e migliaia di uomini e di donne, quasi tutti vestiti con abiti che non sono di lavoro, ma neanche quelli buoni, della festa: gli abiti che indossano la sera, dopo essersi lavati dall’unto o dal fumo, per scendere in strada, sulla piazzetta’. Dice ancora Pasolini ‘sono uomini induriti (…)’, ‘Incalliti dappertutto. Ma come il feretro è appena passato (…) vedo dal loro atteggiamento che qualcosa accade dentro di loro. Uno, davanti a me, piega un po’ la testa da una parte: vedo la guancia lunga, nera di barba e il pomello rosso. La pelle gli si contrae, come in uno spasimo: piange, come un bambino. Guardo anche gli altri. Piangono, con una smorfia di dolore disperato. Non si curano né di nascondere né di asciugare le lacrime di cui hanno pieni gli occhi‘”. (Public Policy)
@VillaTelesio