di Gaetano Veninata
ROMA (Public Policy) – Al netto del fatto che siamo sopravvissuti anche questa settimana al coronavairus (cit.) – e questo, en passant, mi costringe a scrivere un altro Resocónto – sono contento di aver potuto passare la settimana ascoltando l’aula del Senato.
Aula spesso trascurata, rispetto alla più sanremesca Montecitorio, ma foriera di dibattiti di alto livello. Questa settimana si è parlato di foibe e di processare Salvini. Pas mal, messieurs.
Sulla vicenda di “e-allora-le-foibe?” direi che val la pena di rimandarvi – qualora aveste il coraggio e la voglia di leggere gli interventi in merito di Ignazio La Russa, Maurizio Gasparri, e fratellini vari – al resoconto ufficiale e integrale della seduta.
Per quanto riguarda l’ex ministro dell’Interno, segnalo invece un paio di interventi:
Dario Parrini (Pd): “L’ex ministro Salvini non ha trovato di meglio da dire che, se lo arrestano, farà come Silvio Pellico e scriverà ‘Le mie prigioni’. Ora noi abbiamo troppo rispetto per la nostra storia patria…”
Riccardo Nencini (Iv-Psi): “E per Silvio Pellico”.
Parrini: “E anche per Silvio Pellico, come mi ricorda il senatore Nencini, per consentire questa disinvoltura negli accostamenti storici. Ci vorrebbe un po’ più di serietà, soprattutto da parte di chi ha ricoperto ruoli istituzionali dell’importanza di quelli ricoperti dall’ex ministro Salvini. Stiamo parlando di un libro di cui il cancelliere Metternich disse che danneggiò l’Austria più di una battaglia perduta e, quindi, un po’ di pudore nel paragonarsi a Silvio Pellico non farebbe male. Ma, se di Silvio Pellico dobbiamo parlare, il mio consiglio per Salvini è di leggere ovviamente di nuovo ‘Le mie prigioni’ perché non fa mai male, ma anche un libricino successivo di due anni (è del 1834) che si intitola: ‘Dei doveri degli uomini. Discorso a un giovane’. In un passo di questo libricino, Silvio Pellico afferma il seguente concetto: ‘Chi mente, se anche non scoperto, ha la punizione in sé medesimo. Egli sente che tradisce un dovere e si degrada’. Su queste parole di Silvio Pellico, se proprio non si sa resistere alla tentazione di citarlo, mediterei profondamente, fossi in Salvini e in tutti i senatori della minoranza”.
Applausi, qualche fischio.
Poi è arrivato lui:
Marco Perosino (Forza Italia): “Signor presidente, cari colleghi, premetto che non aderisco al politicamente corretto: obbedisco, se posso, alla saggezza popolare e al sentire diffuso che ha altri problemi […] Sotteso al giudizio di oggi, secondo me vi è il seguente quesito: che società vogliamo? Una società in cui la religione non conta più niente, perché vanno bene tutte? Pare che piaccia anche oltre Tevere. È un fatto privato. Su famiglia e sessualità possiamo fare quello che vogliamo. Le usanze e le tradizioni sono per gli anziani, che forse non hanno neanche il diritto di voto, secondo qualche dibattito televisivo. Noi sappiamo, viceversa, che sui mezzi pubblici, sui tram, sugli autobus, i controllori non chiedono più il biglietto a certe persone, altrimenti vengono picchiati“.
Saluti. (Public Policy)
@VillaTelesio