Lo Spillo

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ROMA (Public Policy) – di Enrico Cisnetto – Basterebbe uno sguardo Oltremanica per evitare che in Italia venga perpetuato il pasticcio sul taglio retroattivo agli incentivi al fotovoltaico. L’Alta corte di giustizia del Regno Unito ha infatti riconosciuto un risarcimento di 132 milioni di sterline (167 milioni di euro) a quattordici imprese del fotovoltaico in seguito al dimezzamento degli incentivi al settore deciso nel dicembre 2011 dal Dipartimento dell’energia di Londra.

Il giudice Justice Coulson, avendo constatato che le scelte del governo hanno provocato la riduzione del 25% degli ordini del comparto, hanno creato suprlus di “scorte” ora inutilizzabili e causato di conseguenza la perdita di 6 mila posti di lavoro, ha deciso di intervenire a favore delle imprese danneggiate. Ora, grazie alla sentenza, le aziende del settore si dicono pronte a riprendere il piano nazionale di ampliamento della generazione di energia da fonti rinnovabili che cuba investimenti per 100-110 miliardi di sterline da qui al 2020.

L’Alta corte definendo infatti “illegali e iniqui” i tagli, ha impedito che tale provvedimento possa essere riproposto dal governo, come aveva annunciato di voler fare lo stesso ministro dell’Energia, Greg Baker. E questo tranquillizza gli investitori. Insomma, c’è un giudice a Londra, che salva presente e futuro dell’energia solare. Dovrebbe essercene uno anche a Den Hague, dove la Corte di giustizia europea è chiamata a giudicare su simili misure approvate dalla Spagna nel 2012.

Chissà che non ci sia un giudice anche in Italia, visto che Valerio Onida, presidente emerito della Corte costituzionale, ha bollato come “gravemente incostituzionale” quella parte del decreto Competitività in cui per trovare 800 milioni necessari al taglio del 10% del costo della bolletta elettrica per 700 mila piccole e medie imprese (solo 15% del totale) il governo ha imposto tagli retroattivi agli incentivi al fotovoltaico.

Un decreto che cambia improvvisamente e arbitrariamente regole già stabilite da tempo per i grandi impianti (quelli di potenza nominale superiore ai 200 kilowatt che vedrebbero spalmati in 24 anni invece che in 20 i sussidi pubblici), che sono poi proprio quelli da tutelare maggiormente, perché più attraenti per gli investimenti e perché impediscono la controproducente polverizzazione dei produttori avvenuta in questi anni in Italia.

Insomma, se possibile, il governo italiano ha fatto peggio di quello britannico, perché una revisione retroattiva ha ulteriori e molteplici effetti negativi, visto che cambia le regole del gioco mentre questo è in corso. C’è un giudice a Londra. Per adesso in Italia c’è solo un decreto, retroattivo e controproducente. Aspettando di avere giudizio. (Public Policy)

@ecisnetto