di Lorenzo Castellani
ROMA (Public Policy) – Le elezioni in Spagna hanno lasciato immutata la precedente situazione del sistema politico spagnolo, una difficile governabilità e un grado di instabilità elevato, ma non i rapporti tra le forze politiche. A sinistra, i populisti di Podemos continuano a essere fondamentali per formare una coalizione di governo. A destra, invece, i nazionalisti di Vox hanno raddoppiato i voti erodendo lo spazio dei popolari. Nel 2016 Vox aveva lo 0,2% dei consensi, oggi il 15. Una dinamica già vista in alcune elezioni regionali della Germania, dove AfD ha raggiunto ed in alcuni casi superato, il consenso della Cdu. In quasi tutti i Paesi europei si ripete lo stesso schema: il centro perde sostegno a favore delle ali. Ciò si verifica con maggiore portata a destra, dove nazionalisti e conservatori avanzano più rapidamente dei propri omologhi di sinistra, in cui i partiti più estremi devono fare i conti con la crescita dei verdi.
Questo riallineamento condiziona notevolmente sia l’azione dei governi in carica sia i processi di formazione degli stessi. Tutta la scena europea corre verso la frammentazione del quadro politico e verso maggioranze miste tra forze radicali e forze tradizionali. La stessa maggioranza europea che sostiene la Commissione presieduta dalla von der Leyen appare molto debole, sia nei numeri che nella proposta, e probabilmente per far procedere alcuni provvedimenti dovrà aprire selettivamente la propria composizione, talvolta ai verdi e talaltra a conservatori e sovranisti.
L’unico centrista che governa da solo è Emmanuel Macron che però negli ultimi mesi ha invertito marcia con un marcato spostamento a destra tanto sul piano dell’immigrazione e della sicurezza quanto nel rinnovato gollismo in politica estera ed europea. Nel Regno Unito, invece, se i Conservatori, favoriti alle elezioni, otterranno la maggioranza ai Comuni riusciranno verosimilmente a portare a termine la Brexit con l’approvazione del Deal Johnson, assestando un ulteriore colpo all’europeismo.
L’operazione parlamentare effettuata, con sponde internazionali ed europee, in Italia per un secondo Governo Conte, invece, sta fortemente penalizzando le forze di governo e si registra una ulteriore crescita di Lega e Fratelli d’Italia.
Ciò rende particolarmente evidente l’abbaglio preso dalla maggioranza dei commentatori e degli analisti dopo le elezioni europee di maggio, quando si sosteneva da più parti che i sovranisti e i populisti fossero stati sconfitti. In realtà, se si guarda la dinamica nel più lungo periodo, è abbastanza evidente che la crescita delle ali, e lo sfarinamento del centro, procedano per ondate. Un momento di bassa marea non esclude una prossima tempesta.
Cosa determina questo riallineamento? Innanzitutto, la paralisi. L’Europa è ferma sul piano delle sue riforme strutturali e i Governi sembrano troppo fragili ed impauriti per superare questo status quo. Divergenze e sfiducia tra nazioni hanno preso il sopravvento, nonostante i caldeggiamenti dell’ex governatore Mario Draghi per coordinare maggiormente le politiche fiscali. Il processo d’integrazione, dunque, si è arrestato da anni e non riprenderà a breve termine. Inoltre, sembra di essere di fronte ad un processo di allentamento dei vincoli che tengono insieme le potenze europee. Il crescere dei nazionalismi, che tendono ad esacerbare le tradizioni politiche ed economiche di ciascun Paese, allontana progressivamente la convergenza di obiettivi e interessi dei Paesi. È probabile che nei prossimi anni tensioni e conflitti cresceranno. Al tempo stesso, però, la conformazione delle istituzioni europee fino ad oggi ha permesso solo limitatamente di fornire risposte alle domande dell’opinione pubblica e ai programmi di ri-nazionalizzazione. In questo scenario un incidente della storia, una nuova crisi economica o qualche shock esterno (politica internazionale), potrebbe scombinare ulteriormente gli equilibri e la stabilità politica. I rischi politici, tra status quo e ondate di nazionalismi, tenderanno a crescere in Europa. (Public Policy)