ROMA (Public Policy / Stradeonline.it) – di Amedeo Panci – Nella giornata di mercoledì, il comunicato Istat con la stima preliminare del Pil del primo trimestre 2015 è stato annunciato dai media nostrani con toni un tantino euforici. È quasi passato il messaggio che l’Italia è fuori dalla recessione e che la nostra economia è tornata a crescere.
In realtà, tuttavia, il comunicato Istat non parla di uscita dalla recessione. Più semplicemente, e sobriamente, si limita a riportare che il nostro Pil, nel primo trimestre di quest’anno, ha registrato una variazione congiunturale positiva dello 0,3 per cento. In altri termini, che rispetto al precedente trimestre è aumentato di tre decimi di punto. Una variazione di “segno più” dopo numerosi trimestri di “segni meno” fa sicuramente notizia. Ma è sufficiente per cantare già vittoria?
A dire il vero, un esame più attento dei dati suggerirebbe qualche riflessione prima di sparare a festa mortaretti, tric-trac e fuochi d’artificio. Basta uno sguardo alla variazione tendenziale del Pil, cioè quella calcolata rispetto al trimestre corrispondente dell’anno scorso (gennaio-marzo 2014), per rendersi conto che forse gli entusiasmi andrebbero un tantino ridimensionati. Per lo meno in attesa dei dati definitivi (visto che il comunicato riguarda la stima preliminare).
La crescita tendenziale rispetto a un anno fa, infatti, è zero. In poche parole, il nostro Pil è fermo ai livelli di un anno fa. È vero che nei trimestri precedenti la variazione tendenziale era addirittura negativa. Una variazione nulla è di certo un miglioramento, ma la sola cosa che si può dire è che abbiamo arrestato la caduta. Spingersi oltre è espressione di ottimismo. Ma forse è meglio andarci un poco più cauti.
D’altro canto, il confronto con gli altri Paesi la dice lunga a riguardo. Davanti a noi ci sono Paesi come la Francia, con un +0,6 per cento congiunturale, e la Spagna con un +0,9 per cento. Abbiamo fatto lo stesso dato della Germania, suggerisce qualcuno (+0,3 per cento). Però la Germania, come altri importanti partner europei, registra una crescita tendenziale positiva già da parecchi trimestri.
E a ben guardare, dopo l’uscita dalla grave recessione del 2008-2009, tra la crescita tendenziale del nostro Pil e di quello tedesco si è ristabilito lo stesso cuneo. Una persistente differenza di circa due punti percentuali, che in un certo senso fornisce la misura del gap tra le attuali capacità e potenzialità della nostra economia e quelle dell’economia tedesca. Anche il confronto con gli andamenti tendenziali di altri Paesi come il Regno Unito e gli Stati Uniti, è piuttosto espressivo sul ritardo dell’economia italiana.
Un ritardo di carattere strutturale e che dipende da carenze di produttività e competitività. Il confronto tra i livelli assoluti del Pil nei Paesi europei descrive in modo ancora più impietoso, ma efficace, la realtà della situazione. Si vede chiaramente che altri importanti Paesi hanno recuperato il terreno perduto con la crisi, e hanno ricominciato ad andare avanti già a partire dalla fine del 2010. Noi, invece, fino a oggi abbiamo continuato a perdere terreno.
Altre osservazioni, più puntuali, sul comunicato dell’Istat suggeriscono di moderare l’ottimismo, almeno fino all’uscita dei dati definitivi relativi al primo trimestre 2015. La prima osservazione è che tutti si sono affrettati ad attribuire la variazione positiva del Pil all’export. E che finalmente la componente estera della domanda tornano a dare un contributo positivo grazie all’euro debole.
Ma il comunicato Istat lascia intendere che il contributo delle esportazioni nette in realtà è stato negativo, e che è stato compensato da una variazione positiva della domanda interna. Beh, ma allora finalmente tornano a crescere i consumi, hanno subito esultato in molti. E invece è presto per dire anche questo. Perché sempre il comunicato ufficiale Istat dice che l’incremento della componente interna della domanda è “al lordo delle scorte”.
Pensa che delusione che sarebbe se i dati definitivi rivelassero che la maggiore domanda del primo trimestre 2015 è fatta solo di scorte! Che dire? Speriamo di no. In sintesi, una osservazione di manzoniana memoria è d’obbligo: adelante con l’ottimismo, Pedro, ma con giudizio. (Public Policy / Stradeonline.it)
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