ROMA (Public Policy) – di Massimo Pittarello – Il governo decide, il Parlamento si adegua. L’impressione empirica di quanto Palazzo Chigi sia in grado di condizionare i lavori dei Palazzo Madama e Montecitorio, viene confermata da numeri e tempi. Prendete gli emendamenti presentati dal Pd al Senato a questa legge di Stabilità. Sono in totale 444, 150 dal gruppo e quasi 300 dai singoli senatori.
Nel 2014, quando ancora l’egemonia renziana non era così assoluta, furono 1030, mentre nel 2013, ai tempi di Enrico Letta, furono 992. Insomma, quest’anno sono meno della metà. L’indicazione arrivata da Palazzo Chigi in Parlamento è stata rispettata. D’altra parte, dopo la batosta presa a Palazzo Madama e la conseguente irrilevanza negli equilibri dell’aula, la minoranza del Pd, dopo un’aspra lotta, non ha presentato nemmeno un emendamento al ddl riforme costituzionali appena approdato in Commissione Affari Costituzionali alla Camera.
Ma, anche sui tempi, c’è una palese accelerazione. Il ddl Stabilità è arrivato al Senato con una settimana di ritardo rispetto all’annuncio del governo (su Twitter, come da consolidata consuetudine). I tempi stringono e Palazzo Chigi non vuole mostrarsi debole, soprattutto di fronte a opposizioni e minoranze. Allora, da una parte ha ritardato il rinnovo di alcune presidenze di Commissione per potersi giocare la partita sul piano politico con le altre forze di maggioranza, dall’altra ha chiamato Giorgio Tonini a presiedere la Bilancio per controllare meglio i lavori. Sopratutto, da Chigi è arrivato l’ordine: alla Stabilità si lavora no-stop perché, Renzi dixit, è “l’occasione dell’accelerata decisiva”.
Sia la settimana scorsa, sia in questi giorni, pur di non andare in aula senza relatore, nella V Commissione le luci sono state accese fino a sera inoltrata. “Ogni anno la stessa storia, ma stavolta mi sembra peggio” si lamenta un commesso durante la tardiva chiusura. Durante le sessioni di bilancio, Camera e Senato fanno sempre gli straordinari, ma raramente l’esecutivo è riuscito ad imporre cosi perentoriamente tempi e metodi. Tra l’altro, per recuperare un proprio ritardo. Insomma, pochi emendamenti e ritmi serrati, perché l’intenzione è chiudere: il parlamento si adegui.
La dimostrazione di quanto i rapporti di forza tra esecutivo e legislativo siano sbilanciati, ancor prima di ogni ipotetica riforma costituzionale. Il decisionismo renziano, infatti, corroborato dalla potenza mediatica e dalla delegittimazione dei quasi tutti gli altri partiti, ha permesso al governo di condizionare ogni aspetto dei lavori parlamentari sulla legge di Stabilità. La scommessa era che questa manovra finanziaria sarebbe stata tra quelle meno condizionate dal passaggio d’aula, con le prerogative politiche del parlamento ridotte al lumicino. Se, come sembra, dovesse avverarsi, sarà l’ennesima dimostrazione che questo parlamento così raffazzonato e incerto di essere rieletto è, per Renzi, il migliore dei mondi possibili.(Public Policy)
@GingerRosh