di Massimo Pittarello
ROMA (Public Policy) – La maggioranza Ursula non è la maggioranza Ursula. O meglio, la versione italiana delle larghe intese potrebbe essere piuttosto diversa da quella europea. Prima di tutto perché a guidarla non sarebbe un politico, ma un tecnico. E poi perché non partirebbe subito dopo il voto, ma a metà di una legislatura già molto logorata. Inoltre, non è il gruppo parlamentare più numeroso a proporla, come i popolari a Bruxelles che sacrificarono lo Spitzenkandidat Manfred Weber sull’altare di un accordo politico, ma il Quirinale come ultima mossa. Ma, anche in ciò che potrebbe sembrare affine, troviamo le differenze. O quantomeno nodi da sciogliere.
Von der Leyen fu eletta presidente della Commissione europea con 383 voti, a fronte di una maggioranza necessaria di 374. Uno scarto esiguo di nove voti soltanto. Questo perché l’accordo tra popolari, socialisti e liberali, che numericamente poteva contare su 444 seggi, vide una tale scomposizione e litigiosità interna alle forze politiche che si contarono 75 “franchi tiratori”, il 10% del totale. Vedremo cosa succederà ai partiti italiani messi di fronte alla scelta del prendere o lasciare questo nuovo esecutivo che spariglia l’attuale assetto, ma è evidente che il tasso del dibattito interno ai gruppi – per esempio nella Lega con le dichiarazioni di Zaia, o nei 5 stelle con la fuoriuscita di Carelli – è quantomeno cresciuto. Ed è possibile, anzi probabile, che l’attuale schema politico ne esca abbastanza stravolto.
A stringere l’inquadratura, un’altra similitudine è relativa alla posizione dei 5 stelle. Von der Leyen ottenne la maggioranza all’Europarlamento perché 14 eurodeputati grillini votarono a favore, rinnegando l’antieuropeismo di cui facevano professione durante il Governo gialloverde. Successivamente, in quattro sono addirittura confluiti nel gruppo dei Verdi – che in seconda battuta hanno deciso di sostenere l’attuale Commissione – mentre dieci sono rimasti tra i non iscritti. Che faranno adesso i grillini a Roma? Dettaglio non marginale, tanto più che a Bruxelles detengono appena 14 seggi su 705 (il 2%), mentre a Roma arrivano a 283 su 951 (il 30%). Insomma, confermeranno il no secco già annunciato? Oppure cambieranno idea e si asterranno? O qualcuno sosterrà la “maggioranza SuperMario” come fecero con “la maggioranza Ursula”? E rimarranno uniti o si spaccheranno?
Considerando poi che in Parlamento non esiste maggioranza possibile che non contenga o i 5 stelle o la Lega, bisogna capire che farà il partito di Salvini. Si comporterà come a Bruxelles, dove insieme ad Afd e Le Pen si è relegata compattamente all’opposizione della maggioranza Ursula? Oppure seguirà la linea Giorgetti (che con Draghi è amico)? Bisogna infine ricordare che nella squadra di von der Leyen, il commissario all’Agricoltura è il polacco Wojciechowski, che appartiene al partito dei conservatori di cui Giorgia Meloni è presidente e Fitto vicepresidente. Fossimo in Italia, vorrebbe dire che un ministro del prossimo Esecutivo sarebbe di Fratelli d’Italia, cosa che al momento sembra esclusa. Vedremo, ma a proposito di differenze, bisogna rilevare che qualche eurodeputato ECR andò sparutamente a sostenere l’attuale Commissione.
Anche a sinistra (del Pd) ci sarebbe qualche differenza. Leu (gruppo parlamentare formato da Articolo 1 dell’ex ministro Roberto Speranza e da Sinistra italiana di Nicola Fratoianni) non è presente a Bruxelles, ma rientrerebbe – almeno nella parte Si – nel gruppo della sinistra, Gue, che votò contro la maggioranza Ursula. Qui, invece, sarebbe davvero insolito se si dovesse sottrarre all’accordo. Si capirà nelle prossime ore, ma la base parlamentare che potrebbe votare la fiducia al Governo di Mario Draghi potrebbe essere diversa da quella che ha votato per Von der Leyen. Bisogna capire che faranno 5 stelle e Lega. E poi ci sono differenze struttuali. La maggioranza Ursula non è la maggioranza Ursula. Quella italiana sarebbe un’altra cosa. Vedremo se e cosa uscirà fuori. (Public Policy)
@m_pitta