(Public Policy) – Roma, 4 mar – I politici europei
dovrebbero chiedere a sè stessi “chi ha perso l’Italia”,
dopo la rivolta, partita dal basso, contro l’austerità, la
disoccupazione e l’élite della politica, che ha causato un
terremoto elettorale. È quanto si legge in un articolo
pubblicato sul sito dell’edizione statunitense dell’agenzia
Reuters.
Secondo Paul Taylor, autore del pezzo, “se piccoli tagli
alla spesa e lievi aumenti delle tasse possono causare una
così grande rivolta sociale ed elettorale in Italia, i
rischi di un’esplosione in Grecia e Spagna dovrebbero essere
maggiori”. Eppure “la reazione ufficiale di Bruxelles e
Francoforte è di agire come se nulla, o quasi nulla, fosse
successo”.
BARROSO: NON CEDERE AL POPULISMO
Reuters riporta le dichiarazioni del presidente della
Commissione europea ed ex Primo ministro del Portogallo,
José Manuel Barroso, rilasciate due giorni dopo le elezioni
italiane: “La crisi non è ancora finita”. Barroso fa un
appello ai leader europei perchè mantengano “la rotta e non
cedano al populismo. Nonostante le previsioni di crescita
non siano buone, le riforme strutturali stanno iniziando –
secondo Barroso – a dare frutti”.
RAFFORZARE LA CRESCITA
Una voce fuori dal coro – aggiunge Reuters – è quella del
ministro delle Finanze francese, Pierre Moscovici, secondo
cui “le elezioni italiane hanno dimostrato che l’austerità
non è una soluzione equa e che è ora di rafforzare la
crescita”.
Al contrario il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang
Schäuble, “non ha tratto alcun insegnamento” dalle elezioni
italiane, sostenendo che “le politiche europee non hanno
generato né una maggiore disuguaglianza, né un divario
economico tra nord e sud”.
CRISI SOCIALE
Secondo Reuters, nonostante la Bce abbia sventato il
pericolo di un crollo finanziario della zona euro con
l’acquisto di bond, c’è un crescente rischio di una crisi
sociale, che potrebbe portare ad un abbandono dell’Ue da
parte di uno o più Paesi del sud.
L’agenzia riporta alcune analisi fatte da Clemens Fuest,
neo presidente del Centro europeo per la ricerca economica
(centro di studi tedesco – Zew) e Zsolt Darvas del think
tank Bruegel, istituto dedicato alla politica di ricerca
sulle questioni economiche internazionali. Per Fuest la
situazione economica europea “può peggiorare con una
possibile rottura dell’unione monetaria”.
“Il grado di disperazione – continua – potrebbe essere così
alto da portare alcuni Stati a lasciare l’Ue. Se in Spagna
le cose continuano così, se la disoccupazione sale al 30%,
c’è il pericolo che questo potrebbe accadere”.
Darvas invece sostiene che “l’unica via d’uscita è cambiare
la serie di misure fiscali adottate dall’Ue, stimolando la
domanda nel nord Europa e aumentando i prestiti da parte
della Bei (Banca europea per gli investimenti) alle imprese
del sud”.
“L’utilizzo della Bei per introdurre l’equivalente del 2-3%
del Pil nelle economie del sud Europa, per un numero
limitato di anni – aggiunge – sarebbe il modo più efficace e
politicamente realistico per rilanciare la crescita”.
(Public Policy)
DAP