Almasri, “chi lo ha accusato di torture può fare ricorso”

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – Sono convinto che chiunque sia in Italia e ha accusato il comandante libico di averlo torturato può fare ricorso alla Corte Edu contro l’Italia per violazione procedurale dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”. Lo dice a Public Policy il professor Emilio Santoro, filosofo del Diritto dell’Università di Firenze, alla vigilia delle informative che il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi terranno in Parlamento sul caso Almasri. E certo colpisce che il Governo della legge e dell’ordine abbia scarcerato quello che viene considerato un soggetto pericoloso.

È surreale, chiediamo al professor Santoro? “Da un lato è surreale. È surreale lo scarico di responsabilità. È stata la magistratura a liberarlo. Direi che dobbiamo tutti essere contenti di avere una magistratura che annulla un ordine di carcerazione di qualcuno perché non sono state rispettate le procedure per emetterlo. Vuol dire che abbiamo una magistratura che rispetta l’articolo 13 della Costituzione, che prescrive che la libertà personale può essere tolta solo quando lo prevede la legge e con le modalità stabile dalla legge. Non è invece surreale ma estremamente grave il comportamento dei due ministri, quello della Giustizia, che non avvia la procedura prevista dalla legge, e quello dell’Interno che gli toglie le castagne dal fuoco facendo un provvedimento di espulsione. Quando dico estremamente grave non mi riferisco al piano politico sul quale ognuno può fare le sue valutazioni, ma a quello giuridico”.

Infatti, prosegue Santoro, “i due ministri hanno palesemente violato l’articolo 4 comma 2 della legge che ha introdotto il reato di tortura. Quello della Giustizia con un comportamento omissivo, non avviando la procedura per l’arresto su mandato del Tribunale penale internazionale, e quello dell’Interno con un comportamento commissivo, facendo un’espulsione che quell’arresto ha reso impossibile”. Perché questo sia chiaro, osserva Santoro, basta leggere l’art. 4 della legge del 2017 sulla tortura rubricato “Esclusione dall’immunità. Estradizione nei casi di tortura”, che recita: “1. Non può essere riconosciuta alcuna forma di immunità agli stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in altro Stato o da un tribunale internazionale. 2. Nel rispetto del diritto interno e dei trattati internazionali, nei casi di cui al comma 1, lo straniero è estradato verso lo Stato richiedente nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, verso il tribunale stesso o lo Stato individuato ai sensi dello statuto del medesimo tribunale”.

È dunque evidente, per Santoro, “che i due ministri non hanno adempiuto agli obblighi derivanti dalla legge. Questo è molto grave, perché il perno fondamentale dello Stato di diritto è che l’esecutivo agisca secondo quanto previsto dalla legge. Se comincia a non farlo abbiamo cambiato ordinamento giuridico, stiamo tornando a forme di regimi che consideravamo pre-democratici e pre-costituzionali. Aggiungo che, dato che il colonnello libico è accusato di tortura, il nostro Paese è tenuto a rispettare i vincoli che derivano dall’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che garantisce proprio il diritto a non essere torturati. Secondo la Corte Edu tra questi vincoli c’è l’obbligo di svolgere un’inchiesta approfondita (e non c’è ragione di dubitare che il Tribunale penale internazionale non l’abbia fatto), ma non solo: se l’inchiesta dimostra che l’accusa appare fondata ci si deve adoperare affinché l’accusato sia processato. Noi abbiamo evidentemente violato quest’ultimo obbligo”.

Ecco perché, secondo il professor Santoro, chiunque sia in Italia e ha accusato il comandante libico di averlo torturato può fare ricorso alla Corte Edu contro l’Italia. (Public Policy)

@davidallegranti