di David Allegranti
ROMA (Public Policy) – “Il lavoro in corso punta a definire il fabbisogno dei medici e ad adeguare la capacità e l’offerta potenziale del sistema universitario, al fine di rivedere i meccanismi di programmazione degli accessi, nel senso dell’apertura ovviamente”, ha detto in Senato la ministra dell’Università Anna Maria Bernini lo scorso 2 marzo, rilanciando l’intenzione del Governo di aumentare gli iscritti a medicina: “L’obiettivo è aumentare i numeri, già nel 2023-2024, nell’ordine del 20-30 per cento del totale – già sono aumentati in parte quest’anno – pre- servando il livello qualitativo della formazione, che richiede la valorizzazione dello svolgimento di internato nei reparti, e promuovendo il rafforzamento delle opportunità di tirocinio, anche in convenzione con le aziende ospedaliere”.
Il Governo vuole dunque aumentare gli iscritti a medicina, ma è davvero questo il problema della sanità italiana? Uno studio di Anaao Assomed, appena pubblicato, dice di no: “32 mila medici laureati in più dei pensionamenti nel 2030. Perché il numero chiuso a medicina è un falso problema”, spiega lo studio, firmato da Carlo Palermo, Matteo D’Arienzo, Giammaria Liuzzi, Costantino Troise, Pierino Di Silverio.“Emergono periodicamente all’interno dei partiti politici, senza distinzione di fede, idee stravaganti relative alla questione del numero chiuso a medicina, come se i grossolani errori di programmazione nel settore della formazione post-lauream in epoca spending review e le limitazioni all’assunzione del personale sanitario decise prima dal 2004 in poi fossero superabili allargando a dismisura le maglie del numero programmato per l’accesso al corso di laurea in Medicina e Chirurgia, giunto nel 2022 a 14.740 accessi”, dice lo studio di ANAAO.
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@davidallegranti