di David Allegranti
ROMA (Public Policy) – “Certo che la rifarei, è una iniziativa che ho voluto io. Ho massimo rispetto del sistema bancario e non ho intenzione di colpire le banche. Ma c’era una situazione di squilibrio”. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha rivendicato nella settimana di Ferragosto la tassa sugli extra profitti delle banche, i cui introiti saranno inferiori rispetto alle previsioni iniziali (adesso si parla di un paio di miliardi). A brevissimo arriverà anche una lettera della Bce in cui saranno esposte tutte le perplessità sul provvedimento e anche gli istituti di credito sono comprensibilmente in stato di agitazione (inutile sottolineare che prenderanno inevitabili contromisure). “Il governo dice che la Bce crea un problema alle famiglie che hanno mutui a tassi variabili e quindi ha bisogno di risorse per compensare le perdite e, eventualmente, anche per tagliare il cuneo fiscale”, ha detto l’economista Veronica De Romanis: “Ma chi ha scelto un mutuo a tasso variabile lo ha fatto consapevolmente. Ha fatto una scelta che è stata vincente, perché per molti anni ha pagato tassi molto bassi rispetto a chi ha sottoscritto un tasso fisso. Ora le cose sono cambiate e il governo vuole compensare chi sta avendo delle perdite, ma, attenzione: allora avrebbe dovuto compensare chi ci perdeva con i mutui a tasso fisso. È un punto pericoloso: c’è un governo che si accolla un rischio preso da altri e ne spalma il costo su tutti. Una misura paradossale, che non ci saremmo aspettati da questo governo”. Insomma, tassare le banche – misura popolare perché l’elettorato non le ama – è più una mossa socialisteggiante che una iniziativa da governo di presunti liberali. Ma l’esecutivo tira dritto, nonostante le rimostranze di Forza Italia, che sostiene di essersi trovata di fronte al fatto compiuto. Meloni ha spiegato di aver voluto mantenere la notizia di un intervento sulle banche il più possibile riservato per evitare pressioni, ma il risultato è tutt’altro che impeccabile, per merito e per metodo. Le banche non staranno a guardare, come ha spiegato sempre l’economista De Romanis: “Di fronte a una nuova imposta le banche reagiranno distribuendo il carico sulle commissioni, oppure ridurranno la quota di utili destinata ad aumentare il capitale per erogare nuovi prestiti a famiglie e imprese, che è l’esatto opposto del risultato atteso”. Non ci sono insomma pasti gratis. E neanche tasse prive di conseguenze. Tra le conseguenze c’è anche la saldatura di sinistra e destra sul provvedimento, omaggiato da Pd e M5s. Con una specificità, se vogliamo, da parte di Giuseppe Conte, che adesso vorrebbe tassare gli extra profitti dell’industria farmaceutica e di quella militare. Resta ancora tuttavia una domanda insoluta: chi stabilisce che cosa è extra e che cosa è normale profitto? Lo Stato? Il governo? Il ministro dell’Economia? Il presidente del Consiglio? Il rischio, paventato da diversi economisti, è che di fronte a tasse improvvisate come questa gli investitori stranieri non si sentano attratti – a voler essere gentili – da un paese come l’Italia. Perché mai dovrebbero portare capitali in un posto che decide, senza un criterio ragionevole, di tassare i guadagni delle loro aziende? Anche perché, appunto, ora sono le banche oggetto della tassazione, un domani potrebbe avvenire a chiunque abbia guadagnato “un po’ troppo”. Massimo Garavaglia, senatore leghista, presidente della commissione Finanze, ha spiegato al Corriere che le banche che “stanno facendo molti utili”, il che va bene “ma fino a un certo punto”. Ma chi lo stabilisce qual è questo “certo punto”? La risposta dell’esecutivo in merito non è stata affatto esaustiva. Come finirà dunque? L’economista Mario Seminerio, sul suo blog Phastidio.net prevede che “ci sarà un ennesimo tavolo tra governo e banchieri, al termine del quale questi ultimi decideranno di donare qualcosa alla patria, a beneficio di un fondo per tagliare le tasse in una notte di luna piena il prossimo 30 febbraio. Magari, se i banchieri saranno davvero bravi, riusciranno con l’occasione a farsi togliere l’addizionale Ires del 3,5 per cento che pagano da quasi un decennio. E la lista della spesa dei politici resterà nel cassetto”. Nel frattempo però sarà passato anzitutto il messaggio che c’è qualcuno che bastona le avide banche e che è meritevole di essere considerato uno del popolo. Quello stesso popolo che da adulto ragionevole ha acceso dei mutui a tasso variabile consapevole dei vantaggi e che rischi possibili e ora chiede, neanche fossero gli ormai noti turisti italiani in Albania, che qualcuno paghi il conto al posto loro. È la politica del pasto gratis. (Public Policy)
@davidallegranti