di Sonia Ricci
ROMA (Public Policy) – Cambiano le regole sull’assegno divorzile che i coniugi possono richiedere tramite il tribunale dopo la fine del matrimonio o dell’unione civile. Le novità sono contenute nella pdl Divorzio all’esame della commissione Giustizia di Montecitorio, che modifica la legge del 1970. I deputati hanno concluso l’esame degli emendamenti – approvando alcune modifiche -, mentre è stato rinviato alla prossima settimana il via libera e il mandato alla relatrice in attesa dei pareri delle altre commissioni competenti. La proposta di legge è una di quelle inserite in calendario su richiesta delle opposizioni e, infatti, è a firma di Alessia Morani, deputata Pd, che ne è anche la relatrice.
Dopo il consueto ciclo di audizioni, Lega e M5s hanno deciso di ritoccare il testo nonostante il Pd non fosse d’accordo. Con l’esame in commissione, dunque, è saltata una delle norme più controverse: ovvero il carattere “compensativo” dell’assegno che – secondo la versione originaria della pdl – avrebbe dovuto equilibrare le due condizioni economiche dei ex coniugi. Questo avrebbe comportanto anche una seconda novità implicita nella norma: il presupposto per il diritto all’assegno in favore del coniuge economicamente più debole. Vediamo nel dettaglio le novità.
‘SALTA’ ASSEGNO COMPENSATIVO
Come detto, durante l’esame in commissione la maggioranza – con un emendamento della Lega a firma Roberto Turri – ha deciso di togliere il riferimento all’equilibrio economico tra i due ex coniugi nella determinazione dell’assegno di divozio. Contraria la relatrice Alessia Morani, favorevole, invece, il Governo. Il testo originario prevedeva che il mantenimento fosse “destinato” a “equilibrare”, per quanto possibile, “la disparità o la cessazione degli effetti” che il matrimonio “crea nelle condizioni rispettive dei coniugi”.
Il riferimento è stato tolto, mentre è stato riscritto l’elenco dei criteri di cui il giudice dovrà tenere conto per decidere se e in che modo prevedere un mantenimento.
ECCO I CRITERI
I nuovi elementi di valutazione sono i seguenti: durata del matrimonio, età e stato di salute di chi richiede il mantenimento, contributo dato da entrambi “alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune”, patrimonio e reddito netto di entrambi, “la ridotta capacità redditurale dovuta a ragioni oggettive, la cura dei figli under 18, disabili o economicamente non indipendenti.
Rispetto alla legge attualmente in vigore, una delle novità riguarda l’accantonamento dell’ampio concetto di “condizioni dei coniugi”, in cui finora la giurisprudenza ha ricompreso le condizioni sociali e di salute, l’età, le consuetudini ed il sistema di vita dipendenti dal matrimonio, il contesto sociale ed ambientale in cui si vive. Questo concetto viene sostituito da quello più specifico di “condizioni personali ed economiche in cui i coniugi vengono a trovarsi a seguito della fine del matrimonio”.
Tra le novità rispetto alla legge del 1970: la valutazione della situazione economica non è più circoscritta al solo reddito ma è estesa anche al patrimonio dei coniugi. Sono, poi, stati aggiunti ulteriori elementi di valutazione quali l’impegno di cura personale di figli comuni minori o disabili o non economicamente indipendenti; la ridotta capacità di reddito dovuta a ragioni oggettive; la mancanza di una adeguata formazione professionale quale conseguenza dell’adempimento di doveri coniugali.
Si tratta sostanzialmente di un rafforzamento – scrivono i tecnici del centro studi di Montecitorio nel loro dossier – mediante il riconoscimento con legge, di specifici elementi già valutati dalla giurisprudenza. Infine, durante il passaggio in commissione è stato eliminato un concetto controverso, già presente nel nostro ordinamento ma con una formula diversa: il Pd proponeva di sostituire il richiamo alle ragioni che hanno motivato la fine del matrimonio con il parametro del “comportamento tenuto dai coniugi in ordine al venir meno della comunione spirituale e materiale”. Ma al momento il criterio è stato eliminato con un emendamento della stessa relatrice.
ASSEGNO A TEMPO
Un’altra novità all’attuale disciplina riguarda l’introduzione di un assegno a tempo, ovvero un mantenimento che duri per un periodo stabilito dal giudice nel caso in cui la scarsa situazione monetaria del coniuge richiedente sia dovuta a “ragioni contingenti o superabili”.
STOP MANTENIMENTO CON NUOVA CONVIVENZA
Oltre all’assegno a tempo ci sono anche altri casi in cui l’erogazione può essere interrotta: nel caso in cui la persona che lo riceve si sposi nuovamente (anche con unione civile) o nel caso di convivenza. In quest’ultimo caso, il testo originario prevedeva il criterio della “stabile” convivenza lasciando alla giurisprudenza la valutazione nel merito.
La Lega ha deciso di eliminare la dicitura in quanto, secondo la maggioranza, avrebbe creato incertezze. Con l’inserimento di un nono comma la proposta di legge afferma che l’assegno non è dovuto in caso di nuovo matrimonio, nuova unione civile o “stabile convivenza” del richiedente e precisa che il diritto all’assegno non rivive a seguito della cessazione del nuovo vincolo o del nuovo rapporto di convivenza. (Public Policy)
@ricci_sonia