ROMA (Public Policy) – L’aula del Senato ha dato il via libera al ddl di riforma costituzionale per la separazione delle carriere in magistratura.
La quarta (e ultima) approvazione in Parlamento è avvenuta con 112 voti favorevoli, 59 contrari e 9 astenuti. Non avendo ottenuto la maggioranza dei due terzi dei 205 seggi, verrà ora chiesto un referendum confermativo (senza quorum), che dovrebbe tenersi tra la metà di aprile e l’inizio di giugno del 2026.
I CONTENUTI PRINCIPALI DELLA RIFORMA
Asse portante della riforma costituzionale è senz’altro l’articolo 3 del ddl, che sostituisce integralmente l’articolo 104 della Costituzione. Si introduce infatti una distinzione tra la carriera requirente e la carriera giudicante dei magistrati, facendo sì che le funzioni di pubblico ministero e di giudice siano completamente distinte.
Un iter in realtà già in parte avviato con la riforma Cartabia, dopo la quale il passaggio tra funzioni è consentito una sola volta in carriera (oggi riguarderebbe approssimativamente una ventina di magistrati l’anno su circa 9.500).
Sempre l’articolo 3 disciplina l’istituzione e la formazione di due differenti Csm, quello della magistratura giudicante – di cui farà parte di diritto il primo presidente della Corte di cassazione – e quello della magistratura requirente – di cui farà parte di diritto il procuratore generale della Corte di cassazione -, entrambi presieduti dal presidente della Repubblica.
Il ddl prevede inoltre che tutti i membri del Csm siano nominati a sorteggio, per un terzo da un elenco di professori universitari e avvocati con 15 anni di esercizio stilato dal Parlamento, per due terzi dai magistrati delle rispettive funzioni – requirente e giudicante.
Altro elemento di novità e dibattito è l’istituzione dell’Alta corte disciplinare chiamata ad amministrare la giurisdizione disciplinare esclusivamente nei confronti dei magistrati ordinari, sia giudici sia pm.





