ROMA (Public Policy) – di Gaetano Veninata – “Con arrivo dello Stato islamico a Mosul (in Iraq; Ndr) è stata redatta una costituzione locale, 16 paragrafi dove si teorizza la pulizia etnica e la cacciata di cristiani e sciiti se non si convertono”.
“Fino ad oggi” l’IS “ha messo in pratica i 16 paragrafi, tra cui quello che riguarda le donne, che non possono praticare lavori se non la cura dei bambini e la ginecologia. Durante quest’ultimo anno sono stati innumerevoli i casi di uccisioni o esecuzioni pubbliche, e centinaia di persone sono state portate di fronte ai tribunali della sharia”.
Lo ha detto, nel corso di un’audizione in commissione Diritti umani al Senato, Suha Abdulkareem Abed, attivista e membro del Forum delle giornaliste irachene, in merito alla situazione in Iraq nei territori occupati dallo Stato islamico.
“Da settembre 2014 – ha ricordato – almeno 30 donne sono state condannate a morte, avvocatesse ed ex parlamentari, persone con un certo ruolo. È stata pure decapitata una professoressa universitaria, di fronte ai propri figli. Sono state scoperte tra le 8 e le 9 fosse comuni all’interno di Mosul o nelle immediate vicinanze”.
MOSUL PRIMA DELLO STATO ISLAMICO
Mosul è il capoluogo del governatorato di Ninive, 2 milioni di abitanti, una popolazione variegata a livello etnico (curdi e arabi) e religioso (c’è ad esempio una grande comunità di cristiani caldei). “La situazione – ha sottolineato Suha Abdulkareem Abed – si è aggravata nel 2009, quando il governo locale ha avuto contrasti con la capitale Baghdad”.
In quel periodo le forze di sicurezza di Mosul “erano per la maggior parte cittadini provenienti dal sud, principalmente sciiti, e questo ha fomentato il sospetto, tra la popolazione (a maggioranza sunnita; Ndr), che la polizia più che di sicurezza si occupasse di controllo”. Mosul ha vissuto dal 2009 problemi legati anche “al fatto che alcune aree, a grande maggioranza abitate da curdi, fossero diventate zone contese tra Ninive e il Kurdistan iracheno”.
I problemi per le donne già c’erano, ha sottolineato la giornalista, ma si sono ovviamente “aggravati con l’avvento dello Stato islamico”. Quella di Mosul, ha precisato, è “un’area conservatrice, ci sono moltissime moschee e alcune son diventate da tempo luoghi d’incontro per wahabiti e salafiti”.
IL RUOLO DI AL-QAEDA
A partire dal 2007 al-Qaeda a Mosul è stata “una presenza costante – ha spiegato ancora Suha Abdulkareem Abed – con autobombe e rapimenti”. Ma “6 mesi prima della caduta della città in mano all’Isis (10 giugno 2014; Ndr) sembrava che il suo ruolo si fosse ridimensionato.
In realtà una volta entrato in città lo Stato islamico, molte cellule dormienti si sono unite all’organizzazione” guidata da Abu Bakr al Baghdadi.(Public Policy)
@VillaTelesio