Due mesi dall’ok in Cdm: che fine ha fatto il ddl sul nucleare?

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di Giada Scotto

ROMA (Public Policy) – Ad oltre due mesi dal via libera in Consiglio dei ministri, il disegno di legge delega sull’energia nucleare varato il 28 febbraio scorso non è ancora stato trasmesso alle Camere per iniziare il suo iter parlamentare. A quanto apprende Public Policy da fonti parlamentati di maggioranza, il percorso inizierà con tutta probabilità da Montecitorio, dove il provvedimento dovrebbe essere incardinato nelle commissioni congiunte Ambiente e Attività produttive, sulla scia di quanto avvenuto con l’indagine conoscitiva sul tema.

Ma i tempi potrebbero non essere così immediati.

Il ddl, sempre a quanto si apprende, non è stato infatti ancora calendarizzato nelle due commissioni, e nel corso degli ultimi Uffici di presidenza non si sarebbe fatta alcuna menzione del provvedimento.

Se le fonti assicurano che il ritardo non è in alcun mondo dovuto a divergenze nella maggioranza, che spingerebbe anzi convintamente per procedere su questa strada, dall’opposizione fanno notare come i due mesi trascorsi siano un tempo “significativo”, difficilmente imputabile alla necessità di procedere a meri “approfondimenti di carattere tecnico”, di cui del resto lo stesso Governo – evidenziano – non ha mai parlato, nonostante le ripetute richieste.

Il ritardo nella trasmissione andrebbe dunque piuttosto ricondotto, secondo le fonti parlamentari d’opposizione, proprio alle “divisioni” presenti nell’Esecutivo, che avrebbe bisogno di trovare “un certo livello di coesione” per essere pronto a gestire una fase – quella appunto della discussione parlamentare, fatta di emendamenti e pareri – nella quale si esce dalle “dichiarazioni astratte” e si entra nel merito degli interventi da mettere in campo, su cui la maggioranza deve essere pronta a decidere.

Il ddl approvato a Palazzo Chigi è infatti al momento una sorta di scatola vuota, che definisce il quadro di riferimento, in termini normativi e di governance, per il possibile ritorno del nucleare in Italia, prevedendo la delega al governo per la realizzazione di un programma nazionale per la produzione di energia da fonte nucleare sostenibile, per la disciplina relativa alla localizzazione, alla costruzione e all’esercizio delle centrali, per la realizzazione degli impianti di stoccaggio dei rifiuti radioattivi e per lo smantellamento dei vecchi impianti. E stanziando, per l’attuazione degli investimenti previsti dalla delega, 20 milioni annui dal 2027 al 2029, a cui si aggiungono 7,5 milioni per una campagna di informazione dei cittadini.

Se questa è la cornice, sarà poi il Parlamento a decidere sui contenuti veri e propri, così da arrivare alla legge che delegherà al governo la scrittura entro 12 mesi (secondo quanto previsto dall’ultima bozza del ddl, che differisce dalla versione trasmessa dal Mase a Chigi a metà gennaio, dove i mesi erano 24) dei decreti attuativi.

A febbraio scorso, il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin aveva detto di aspettarsi un’approvazione in aula “entro l’autunno”, auspicando tuttavia un dibattito “ampio” e in nessun modo “compresso”. Ma intanto i ritardi nell’avvio dell’iter aumentano. (Public Policy)

@GiadaScotto