E se Salvini fosse diventato un peso per la Lega?

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – Ma se Matteo Salvini fosse diventato un peso politico per la Lega? Il recente viaggio a Przemyśl, al confine polacco, con annessa figuraccia in mondovisione, testimonia quantomeno un problema di comunicazione per il leader leghista. Ma non è solo così. Sarebbe sbagliato identificare la politica con la comunicazione, perché è anche altro. La politica è potere. Purtuttavia, è evidente che Salvini abbia un problema di ipercomunicazione. E, come scrive il filosofo Byung-Chul Han nel suo ultimo libro, “Le non cose” (Einaudi), “l’ipercomunicazione, il baccano comunicativo sconsacrano e profanano il mondo. Nessuno sta in ascolto. Ciascuno produce sé stesso”. Noi, dice ancora Han, “non conosciamo più quel sacro tacere che ci eleva alla vita divina, fino al cielo. La beata dimenticanza di sé cede il passo all’eccessiva autoproduzione dell’ego”.

L’ego salviniano è autoprodotto in mille dirette social che fanno perdere di vista la natura politica dell’impegno leghista. Ammesso che ce ne sia ancora uno. Perché uno dei problemi del sovranismo italiano, ma non solo, è l’assenza di risposte efficaci da dare in situazioni complesse come un’emergenza sanitaria o una guerra. Lo abbiamo visto in questi ultimi due anni e lo stiamo vedendo adesso con l’invasione dell’Ucraina a firma Putin. Chi ha cercato e praticato alleanze filo-russe (e non solo) oggi coltiva un imbarazzo che potrebbe anche trasformarsi in altro (follow the money). C’è una totale mancanza di autonomia intellettuale, politica e forse finanziaria da parte del sovranismo italiano, costretto a vivere in una logica di subalternità e sudditanza. “Salvini ha scelto una strategia suicida: si sarebbe dovuto inabissare sulla guerra, adeguarsi alla linea di Draghi senza sceneggiate. Così non fa altro che far risaltare errori e compromissioni del passato e incoerenze, inconsistenze odierne. È oramai un peso morto per la Lega”, ha efficacemente sintetizzato Lorenzo Castellani in un tweet.

Naturalmente esiste anche un’altra Lega (non è questione di moderatismo, come potrebbe suggerire qualcuno, ma di presentabilità sociale e politica). È quella degli amministratori, da Luca Zaia a Massimiliano Fedriga. Per non parlare di Giancarlo Giorgetti, primo teorico del Governo draghiano, che in momenti drammatici del dibattito politico pubblico ha anche minacciato le dimissioni, una sfida non a Draghi ma allo stesso Salvini. La Lega, si sa, è l’ultimo partito leninista rimasto, ma – diceva Totò – ogni limite ha una pazienza. (Public Policy)

@davidallegranti