(Public Policy) – Cominciano a svelarsi i programmi elettorali in vista delle prossime elezioni.
Il centrodestra ha messo a punto un decalogo che ha ricevuto il placet dei leader di FI, Lega e FdI, Berlusconi, Salvini e Meloni, mentre il Movimento 5 stelle ha presentato il programma fatto di 20 punti. Il Pd, invece, è ancora al lavoro sui suoi 100. Attesa anche per il programma di Liberi e uguali.
Al momento i documenti sono alquanto vaghi ma permettono di farsi un’idea sulle future intenzioni dei partiti, soprattutto per quanto riguarda le politiche per il lavoro.
Forza Italia, Lega, FdI e Noi per l’Italia puntano alla “piena occupazione per i giovani attraverso stage, lavoro e formazione”. In tema di pensioni, invece, oltre all’aumento delle minime e l’introduzione di quella per le mamme, l’obiettivo è l'”azzeramento della Fornero”, cavallo di battaglia della Lega.
In questo caso c’è convergenza con il M5s. Nel programma del candidato premier Luigi Di Maio, presentato nei giorni scorsi a Pescara, si legge, infatti, “superamento” della legge Fornero. Il Movimento, oltre al reddito di cittadinanza, propone anche la pensione di cittadinanza: minima di 780 euro netti al mese a tutti i pensionati e 1.170 euro netti al mese per una coppia di pensionati.
La contro-riforma delle pensioni non trova d’accordo il Pd. “Non è tempo di scardinare i pilastri del nostro sistema, da quello pensionistico, a quello fiscale”, ha detto nei giorni scorsi il premier, Paolo Gentiloni, che ha anche annunciato la candidatura nel collegio di Roma 1.
Tra gli obiettivi dem anche una revisione dei contratti a termine con il taglio da 36 a 24 mesi della durata dei contratti a tempo indeterminato. Il progetto era stato presentato sotto forma di emendamento parlamentare alla legge di Bilancio ma non è stato approvato per la contrarietà del Governo.
Condivisione pressochè unanime, anche se con sfumature diverse, per uno dei temi di cui si è parlato molto, cioè il patto per la natalità, una serie di misure per favorire le nuove nascite.
Da registrare, quindi, che, almeno nei programmi resi pubblici, non c’è traccia esplicita di revisione del Jobs act.
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FRA