ROMA (Public Policy) – Il caso dell’ex Ilva è al momento sicuramente quello più caldo, capace di mandare in seconda o terza pagina anche gli sviluppi sulla manovra. Il redde rationem andato ieri in scena a Palazzo Chigi tra Governo e vertici di ArcelorMittal, che hanno annunciato di voler lasciare l’azienda dopo la cancellazione dello scudo penale, non sembra aver sbloccato la situazione. Anzi, da parte dell’Esecutivo è arrivato un “invito” a presentare nuove proposte nel giro di 48 ore. Il Governo ha offerto alla multinazionale un nuovo scudo penale, che non sia tagliato su misura ma erga omnes per le aziende impegnate in opere di risanamento ambientale. Una proposta che ha spaccato la maggioranza – gli oltranzisti M5s sono contrari – senza tuttavia far cambiare idea all’azienda, che viceversa ha presentato condizioni pesantissime per poter rimanere: 5mila licenziamenti (praticamente, un dimezzamento della forza lavoro). “Sono assolutamente inaccettabili le proposte che ci vengono fatte, sia sugli esuberi che sulla restituzione degli impianti” ha detto ieri sera il premier Giuseppe Conte.
Il capo del Governo ha affermato di “non ritenere giustificate le pretese dell’azienda da un punto di vista giuridico” spiegando che “il tema non è lo scudo penale: si tratta di un problema industriale, visto che l’azienda considera le acciaierie di Taranto non sostenibili dal punto di vista economico”. Si attende per oggi la convocazione dei sindacati per l’apertura di un tavolo di crisi. La situazione appare compromessa, ed è difficile immaginare un ripensamento da parte di ArcelorMittal. Quindi, si starebbe già riflettendo anche sul “dopo”: Conte ha detto che “non lasceremo soli gli operai”, e le ipotesi sarebbero o una nuova cordata che subentri in corsa o un intervento pubblico che si faccia momentaneamente carico di tutta l’azienda.
L’INFORMATIVA DI PATUANELLI
ArcelorMittal, prima dell’aggiudicazione della gara per gli stabilimenti ex Ilva, aveva comunicato al Governo di non voler condizionare la propria offerta vincolante all’estensione temporale delle scudo penale per la realizzazione del Piano ambientale. Nella lettera di restituzione dei giorni scorsi, invece, ha comunicato che in mancanza dello scudo, cancellato con il dl Salva imprese, non avrebbe accettato di partecipare all’operazione nè di instaurare il contratto.
Lo ha ricostruito il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, durante l’informativa in aula alla Camera sulla situazione dell’ex Ilva.
Durante la gara per l’aggiudicazione della fabbrica tarantina, l’offerta della cordata Acciai Italia “risultava superiore per il piano ambientale e per il piano industriale, ma la cordata guidata da ArcelorMittal risultava vincitrice di fatto per il prezzo di acquisto, pari a 1,8 miliardi“, mentre Acciai Italia ne aveva offerti 1,2, ha precisato il titolare del Mise.
“Pensare alla chiusura di Ilva ha un’immediata ricaduta su quel territorio in termini occupaziponali, un’immediata ricaduta sull’indotto e anche su tutti i settori produttivi italiani. Pensare di non avere una produzione interna di acciaio significa non avere la possibilità di un piano industriale serio per il nostro Paese“.
“ArcelorMittal ier ci ha detto che non è in grado di rispettare il piano industriale e di conseguenza il piano occupazionale. E questo il Governo non può accettarlo”. L’azienda “non si impegna in nessun modo a produrre più di 4 milioni di tonnelate l’anno, chiede 5mila esuberi e non dà alcuna garanzia che queste misure siano contingenti”.
“Chiedo un atto di responsabilità di tutte le forze politiche, dalla mia fino all’ultima forza di opposizione. Questa vertenza la risolviamo con il sistema Paese. Se vogliamo riuscire a garantire la continuità produttiva” degli stabilimenti ex Ilva, “la risposta deve essere del sistema Paese, di questa aula, dell’altra aula (il Senato, Ndr), delle forze sociali e sindacali. C’è la necessità di un atto di grande responsabilità di tutte le forze politiche”, ha aggiunto il titolare del Mise.
“In questo caso la politica non si deve fare con dei tweet, si fa con serietà. Noi ci mettiamo la faccia, vogliamo essere seri e credibile, e dire a quella società che non può pensare di avere sottoscritto un accordo e disattenderlo dopo 10 mesi”, ha ancora specificato Patuanelli.
“In altri Paesi, quando si affrontano crisi che metteno a serio repentaglio l’economia del Paese, si risponde in modo unitario e non accusandosi reciprocamente”, ha detto ancora il ministro.
“Abbiamo l’occasione” per il rilancio di Taranto “perchè ci sono strutture, competenze e risorse già disponibili per il proseguimento di grandi obiettivi per riabilitare il territorio. Spetta a noi il compito di rendere efficace e tempestiva l’azione. Ritengo più opportuno che ci siano ricadute sul territorio piuttosto che fare tavoli”, ha concluso. (Public Policy) PAM-FRA