Giuristi, sindaci, associazioni: le critiche al decreto Sicurezza

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(foto DANIELA SALA/Public Policy)

di Serena Riformato

ROMA (Public Policy) – Giuristi, figure di garanzia, associazioni, sindaci, tecnici del Viminale. Si è chiuso la scorsa settimana il ciclo di audizioni sul dl Sicurezza (il decreto a firma Matteo Salvini), in fase di conversione in Affari costituzionali al Senato (dove sono stati presentati oltre 600 emendamenti).

Questi i punti su cui sono state segnalate le maggiori criticità nel corso delle oltre venti audizioni.

ABOLIZIONE DELLA PROTEZIONE UMANITARIA

Il dl Sicurezza ha eliminato il permesso di soggiorno per motivi umanitari, sostituendolo con permessi basati su categorie più restrittive (per cure mediche, calamità e valore civile). “Siamo preoccupati per il contenuto dell’articolo 1 che cancella uno dei titoli di soggiorno, ovvero la protezione umanitaria – ha detto il coordinatore del Tavolo asilo nazionale, Filippo Miraglia – perché molte fattispecie di protezione soggettive non verranno più comprese nella nostra legislazione. Questo intaserà i tribunali e comporterà un appesantimento del sistema d’accoglienza italiano”.

Molti degli auditi in 1a commissione hanno sottolineato, secondo il loro punto di vista, il pericolo che il dl aumenti il numero il numero dei migranti non registrati (e quindi invisibili) presenti sul territorio italiano, rendendo più difficile la gestione del fenomeno. Un’eventualità che allarma anche gli enti locali. Così Antonio Decaro, presidente dell’Anci (Associazione nazionale Comuni italiani): “Con la cancellazione della protezione umanitaria, aumenteranno gli irregolari. Queste persone rimarranno in Italia, non possiamo cancellarle per decreto e non potranno essere riportate nei loro paesi in mancanza di accordi bilaterali. Nella peggiore delle ipotesi finiranno nelle mani della criminalità organizzata”.

MODIFICHE AL SISTEMA SPRAR

Con la conversione del decreto, soltanto chi ha diritto d’asilo – e non più il richiedente – potrà essere ospitato in progetti di accoglienza diffusa, quello che finora è stato il progetto Sprar. Destinato quindi a cambiare anche nome, da “Sistema di protezione per richiedenti asilo, rifugiatie minori stranieri non accompagnati” a “Sistema di pro­tezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati”. Che fine faranno i richiedenti asilo in attesa di risposta? Andranno a ingrossare, secondo Mario Marcone, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati ed ex capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Viminale, le fila dei centri di accoglienza, con ogni probabilmente i vecchi Cas.

“L’accoglienza diffusa consentiva un maggiore controllo sociale e coinvolgimento nella vita delle comunità – ha detto in audizione Morcone – mentre il decreto rischia di creare nuove sacche di marginalità, rendendo più fragili le persone accolte e mettendo quindi a rischio l’ordine pubblico”.

TRATTENIMENTO IN CENTRI DI RIMPATRIO 

Il decreto prevede la possibilità che il richiedente sia detenuto in strutture già individuate come hotspot per un massimo di 30 giorni, con lo scopo di accertarne l’identità o la cittadinanza. A questi, si aggiunge l’innalzamento del periodo massimo di trattenimento dello straniero nei centri di permanenza per i rimpatri dagli attuali 90 giorni fino a 180 giorni. Alla luce di questi cambianti, il Garante nazionale per i detenuti ha espresso “la propria perplessità per l’intensivo incremento del ricorso alla misura della privazione della libertà personale”. E non solo per quello. “Molte delle definizioni che abbiamo trovato nel decreto hanno vaghezza semantica – ha detto Mauro Palma in audizione – mentre la Costituzione e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo richiede invece una tassatività di linguaggio per tutte le norme penali che riguardino la libertà personale”.

POTENZIALI PROFILI DI INCOSTITUZIONALITÀ

I giuristi che si sono susseguiti in commissione Affari costituzionali hanno individuato alcuni passaggi del dl a rischio di incostituzionalità. Fra questi, l’ipotesi per cui il richiedente asilo, sottoposto a procedimento penale, possa vedersi sospendere il procedimento di esame della sua domanda di protezione e, intanto, sia espulso con accompagnamento alla frontiera, già dopo una condanna di primo grado. Secondo l’Asgi (Associazione studi giuridici per l’immigrazione) questo costituirebbe “una violazione dell’articolo 27 della Costituzione (presunzione di non colpevolezza dell’imputato, fino al terzo grado di giudizio), oltre che della Convenzione di Ginevra e del principio di non refoulement”. Sotto la lente d’ingrandimento anche la revoca della cittadinanza per alcune fattispecie di reati gravi (terrorismo o eversione dell’ordinamento costituzionale) a chi non sia nato in Italia. Una norma, secondo i giuristi, potenzialmente in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione: la legge è uguale per tutti. (Public Policy)

@serenarifor