(Public Policy) – Roma, 6 dic – Quella della Consulta sul
conflitto di attribuzione tra il Quirinale e la procura di
Palermo “non è una sentenza politica”. Lo afferma Michele
Vietti, vicepresidente del Consiglio superiore della
magistratura (Csm), in un’intervista al quotidiano Avvenire.
“Dal momento – ha aggiunto – che sulla questione era sorto
un contrasto tra il Quirinale e la Procura di Palermo” c’era
bisogno che intervenisse la Corte costituzionale sulle
intercettazioni del presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano. “La legge prevede che sia proprio la Corte
costituzionale il giudice competente a stabilire quali siano
gli esatti confini”.
Sulla riforma della disciplina delle intercettazioni
“bisogna trovare il modo – ha detto il vicepresidente – di
non indebolire lo strumento investigativo e nel contempo
tutelare con rigore la riservatezza dei terzi estranei al
procedimento e delle conversazioni che non abbiamo rilievo
penale”.
Sulle polemiche insorte sul comportamento politico di
alcuni magistrati, il vicepresidente del Csm ha detto: “ho
sempre auspicato che il legislatore dettasse regole rigorose
sull’ingresso e sulla uscita dei magistrati dentro e fuori
della politica. Servirebbero incompatibilità rigorose e
impedimenti, per chi fa la scelta di entrare in campo, di
rientrare, dopo a fare l’arbitro”.
Sul caso dell’Ilva di Taranto e del braccio di ferro tra
politica e giustizia, Vietti ha difeso l’azione della
procura tarantina: “I giudici non devono decidere la
politica industriale del Paese, non compete loro, ma non è
quello che, quanto meno nel caso specifico, hanno fatto. La
magistratura si occupa degli illeciti penali e ha il dovere
di fare osservare la legge, tanto più se è in gioco anche la
salute dei cittadini”. (Public Policy)
SOR