di Luca Iacovacci
ROMA (Public Policy) – Con i pareri delle commissioni parlamentari giunti prima della pausa natalizia, il processo per l’aggiornamento dei Lea, i Livelli essenziali di assistenza, è in procinto di concludersi (una revisione dal punto di vista normativo era già stata auspicata nel 2012, i lavori preparatori per l’aggiornamento sono poi partiti nel 2014, sotto la guida del ministero della Salute, delle Regioni e dell’Agenas).
Ora, quindi, il provvedimento che sostituirà integralmente il ‘vecchio’ dpcm sui Lea, datato novembre 2001, entrerà in vigore all’esito dell’approvazione definitiva in Cdm e, diversamente dall’altro che aveva un carattere sostanzialmente ricognitivo (rinviando spesso ad altri atti normativi), si propone come fonte primaria per definire ‘attività, servizi e prestazioni’ garantiti ai cittadini con le risorse pubbliche.
Sono sei i capi (più molti allegati) in cui si articola il decreto e riguardano, rispettivamente: definizione di livelli essenziali di assistenza, prevenzione collettiva e sanità pubblica, assistenza distrettuale, sociosanitaria, ospedaliera e specifica a particolari categorie.
Tutto procede al meglio, dunque? Stando all’opposizione, il M5s in particolare, non tanto, visto che nei giorni scorsi, sulla base di alcuni ‘dubbi’ evidenziati da un dossier del servizio bilancio del Bilancio, i deputati alla Affari sociali alla Camera hanno chiesto chiarimento ad hoc al dicastero della Salute sulle voci di risparmio che si intendono attuare e precisazioni sugli importi di spesa.
Almeno sulle definizioni del decreto, però, non ci sono incertezze: l’articolo 1 individua i Lea, non modificando la legislazione vigente, in prevenzione collettiva e sanità pubblica, assistenza distrettuale e ospedaliera.
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