A che punto è l’Italicum, dalla parità di genere ai collegi

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ROMA (Public Policy) – (di Sonia Ricci) 42 voti di differenza per bocciare l’emendamento Pisicchio sulle preferenze; respinta la norma sul conflitto d’interessi; sì all’emendamento di Forza Italia pro ‘Grande Sud’ e al ‘congelamento’ degli emendamenti più discussi: parità di genere (con tanto di ‘no’ arrivato dai forzisti), ‘salva Lega‘ e modifica delle soglie al 4,5 e 37%.

Dopo quasi 9 ore di esame in tre sedute – mattina, pomeriggio e notturna fino a mezzanotte – l’assemblea della Camera ha votato 32 emendamenti alla legge elettorale (di cui 3 approvati), che sommati ai voti di mercoledì fanno 39 su un totale di circa 200 proposte. Lentissimi i lavori della giornata di ieri. Non sono solo i numeri a dimostrarlo, ma anche il nuovo calendario deciso della conferenza dei capigruppo che ha posticipato il voto finale dell’Italicum a lunedì in giornata e non più per oggi (come aveva assicurato nei giorni scorsi il premier Matteo Renzi).

La capigruppo (che ‘ufficialmente’ a rimandato il via libera per permettere ai deputati FdI di partecipare al congresso a Fiuggi) ha previsto altre tre sedute per il 10 marzo: una di mattina, una di pomeriggio ed una eventualmente in notturna. Certo è che con il ritmo tenuto fino ad ora l’Italicum potrebbe essere approvato dall’assemblea non prima di martedì. Ma rimane il contingentamento dei tempi (che potrebbe assicurare un via libera rapido): su 22 ore concesse inizialmente per l’esame ne sono rimaste circa 11.

Sarà poi la presidente Laura Boldrini a dover decidere se concedere altro tempo all’assemblea. “Il ritardo – ha detto il capogruppo Pd in commissione Affari costituzionali Emanuele Fiano – è fisiologico, è un rallentamento tecnico, non cambia assolutamente nulla nel merito politico se il risultato finale arriverà lunedì o martedì”.

RIMANE NODO SU PARITA’ DI GENERE
A rallentare i lavori però non sono è solo l’esame d’aula (con in media circa 12 interventi ad emendamento) ma anche le proposte accantonate, che i ‘piccoli’ e una fetta della maggioranza chiedono d’introdurre. In primis la parità di genere, con tre emendamenti trasversali presentati, che introducono la parità di genere sia all’interno delle liste bloccate, sia tra i capilista di ciascuna Regione.

Questo “è l’ultimo nodo da sciogliere” ha detto Emanuele Fiano, e per spingere i partiti a votarli novanta deputate dei gruppi che sostengono la riforma (Pd, FI, Ncd, Sc, Udc e PI) hanno sottoscritto un “appello aperto” ai loro leader affinché sostengano gli emendamenti bipartisan. Chiaro sulla linea di Forza Italia però il consigliere politico Giovanni Toti: “Una norma sulla parità di genere? Mi sembra un’assurdità”.

A confermare la posizione del partito di Silvio Berlusconi è una fonte interna: “La linea è chiara – ha spiegato a Public Policy – è stato ribadita: ‘no’ agli emendamenti” sulla parità di genere. A quanto si apprende, però, le trattative sono in corso tra il senatore FI Denis Verdini e la ministra per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi, quindi “un accordo potrebbe essere trovato, magari sull’alternanza uomo-donna nelle liste”.

Tra i firmatari degli emendamenti (per ora accantonati e che dovranno essere votati dall’aula) numerose sono anche le adesioni delle parlamentari di FI, tra le quali Stefania Prestigiacomo, Mara Carfagna, Renata Polverini, Micaela Biancofiore, Gabriella Giammanco, Annagrazia Calabria, Elvira Savino, Giuseppina Castiello, Sandra Savino. A quanto riferisce una fonte interna, dal partito di Berlusconi stanno arrivando forti pressioni sulle deputate perché ritirino la propria firma.

FORZA ITALIA TIENE DURO SU ‘SALVA LEGA’
Forza Italia tiene duro sull’emendamento ‘Salva Lega’, su cui ancora non si è trovata l’intesa con Pd e Ncd e che per il momento è stato accantonato dall’assemblea. Continuano i contratti tra Verdini e il premier, ma anche tra la Lega Nord e Forza Italia. Secondo quanto riferisce una fonte, il Pd vorrebbe ritirare l’emendamento, ma è arrivato il ‘no’ di Forza Italia. “La norma – conclude la fonte – fa parte dell’accordo tra Renzi e Berlusconi”.

UNA MAGGIORANZA ALLARGATA MA NON COMPATTA
La ‘larga maggioranza’ a sostegno della legge elettorale comincia il suo cammino e diventa subito – all’esame dei primi voti a scrutinio segreto – una maggioranza più che normale: in alcune votazioni si sono registrati 341 voti, 316, 292 fino al voto più basso 278. Presenti in media in aula tra i 450 e i 520 deputati. Bisogna tener conto che la maggioranza che sostiene il governo Renzi può contare in totale su 394 voti, ma a questi vanno aggiunti i 67 parlamentari di Forza Italia, che sostiene l’Italicum.

In totale dunque la base dei voti sarebbe stata, con tutti presenti, di 461. “Il mio sì alla riforma elettorale? Così com’è, al 20%”. Queste le parole critiche del presidente della commissione Bilancio alla Camera, il lettiano Francesco Boccia. “Fino a quando – ha aggiunto – si continuerà a difendere come punti fermi alcuni no che in realtà sono stati oggetto delle nostre battaglie – come la scelta degli eletti, la parità di genere e il legame con le riforme istituzionali – non posso accontentarmi dello slogan che la sera sappiamo chi ha vinto”.

Ed è anche il tema delle preferenze a mettere in evidenza i ‘distinguo’ all’interno del Pd. Durante la discussione dell’emendamento sulle preferenze (poi bocciato) è intervenuta in aula Rosy Bindi, che ha espresso la sua contrarietà alle liste bloccate, pur ricordando “di aver ritirato” il suo emendamento sulle preferenze “per senso di responsabilità come chiesto dal mio gruppo. Ma il tema delle liste bloccate è centrale nel superamento del Porcellum e non ci possiamo ripresentare davanti agli italiani con le liste bloccate, non potete chiedermi di votare contro”.

Critiche vengono anche da Scelta civica: “Un dibattito frustrante quello cominciato mercoledì alla Camera”, ha detto Paolo Vitelli responsabile nazionale Sviluppo economico di Sc. “Si devono discutere 603 pagine di emendamenti che la commissione non è riuscita a filtrare, ben sapendo che in realtà alla fine decidono Renzi e Berlusconi. Con questa legge gli elettori continueranno a non poter scegliere i propri rappresentanti: avrebbero potuto farlo con i collegi uninominali, se proprio i capi partito avessero voluto evitare le preferenze. Il regolamento della Camera permette al M5s di fare ostruzionismo quasi ad oltranza e non vi è nulla di costruttivo o di democratico in tutto ciò”.

SÌ A NORMA PRO ‘GRANDE SUD’
L’assemblea, come anticipato da Public Policy, ha votato favorevolmente all’emendamento a firma del forzista Massimo Parisi: una norma anti-liste civetta, ma anche a favore dei partiti fortemente radicati sui singoli territori. Non si tratta del ‘Salva-Lega’, che come detto rimane accantonato, ma piuttosto di una norma pro ‘Grande Sud’ (il movimento fondato, tra gli altri, da Gianfranco Miccichè).

L’emendamento infatti ammette (nel computo dei voti per la coalizione) anche le liste presentate in meno di un quarto dei collegi, purché superino la soglia nazionale del 4,5%. Quindi la modifica tagli fuori le liste civetta, ma aumenta la possibilità per i partiti forti territorialmente, come Grande Sud e il Partito sardo d’azione.

BOCCIATO PER CIRCA 40 VOTI EMENDAMENTO PREFERENZE
Niente preferenze né alternanza di genere se si esprimono due voti di preferenza. L’aula ha bocciato l’emendamento del capogruppo del Misto Pino Pisicchio (Cd) appoggiato anche da Sel, Lega, FdI e PI. Favorevoli “ad aprire almeno un dibattito” i deputati del Movimento 5 stelle. L’emendamento prevedeva la possibilità “di esprimere fino a due voti di preferenza e, nel caso in cui vengano espressi entrambi, essi devono riguardare due candidati di sesso diverso compresi nella stessa lista, pena l’annullamento del voto di preferenza”.

Lo scarto tra i voti a favore e quelli contrari, tuttavia, è risultato molto basso, non più di una quarantina: i voti a favore sono stati 236, i voti contrari 278 (lo scarto più basso registrato nella giornata di ieri).

ACCANTONATO EMENDAMENTO CON PATTO PD-FI-NCD
Accantonato anche l’emendamento 1.900 (presentato dal relatore Francesco Paolo Sisto di FI) che riscrive l’intero testo dell’Italicum, secondo l’accordo tra Pd, Forza Italia e Ncd. L’emendamento non è stato posto in votazione perché alcuni subemendamenti presentati alla proposta erano stati accantonati in precedenza. Quindi senza la conclusione dei subemendamenti l’emendamento non è stata messo ai voti. Tra le norme contenute nell’accordo Pd-FI (e quindi nell’emendamento) c’è l’innalzamento della soglia per ottenere il premio di maggioranza (dal 35 al 37%) che passa dal 18 al 15%.

La proposta di modifica prevede anche uno sbarramento più basso per i partiti in coalizione: 4,5% invece che il 5%. Rimane invariata, invece, lo sbarramento per i partiti che corrono da soli, che per ottenere seggi dovranno raggiungere quota 8%. Rimane anche la soglia del 12% per le coalizioni.

ACCANTONATI EMENDAMENTI CONTRO LISTE CIVETTA
Durante l’esame della legge elettorale l’assemblea di Montecitorio ha accantonato due emendamenti che inseriscono nel testo dell’Italicum la soglia minima dell’1% per essere conteggiati nei voti di coalizione, una norma contro le liste civetta. L’accantonamento è stato chiesto dal deputato FdI Ignazio La Russa (firmatario di un emendamento). L’altra proposta, invece, è a firma del deputato di Scelta civica Renato Balduzzi.

AULA BOCCIA EMENDAMENTO SU CONFLITTO INTERESSI
La Camera ha respinto anche un emendamento alla riforma elettorale che introduceva il conflitto di interessi. In particolare la proposta, presentata da PI e Udc, prevedeva l’ineleggibilità per i titolari legali di aziende concessionarie pubbliche e anche per il proprietario che controlla direttamente o indirettamente l’azienda. A favore 157 deputati, contrari 319, mentre gli astenuti sono stati cinque.

‘CONGELATO’ EMENDAMENTO CHE ALLARGA I COLLEGI
E ancora: l’assemblea nella seduta di ieri sera ha accantonato due emendamenti di Ncd e Sel che alzano da 6 a 8 il numero di deputati che verrebbero eletti in ciascun collegio plurinominale. L’accantonamento indica che è ancora in atto un confronto sul merito e che si rinvia il voto per trovare un consenso o una mediazione sul tema.

OK RIFORMULAZIONE PER DELEGA COLLEGI ENTRO 25 GIORNI
Durante la giornata di ieri, durante le sospensioni dell’aula si è riunito anche il comitato dei 9 della I commissione. Durante la seduta di ieri mattina il comitato ha accolto la riformulazione dell’emendamento a firma Dario Nardella (Pd) che delega il governo a designare i nuovi collegi. L’esecutivo quindi dovrà trasmettere alle Camere i nuovi collegi entro 25 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento.

Le commissione competenti dovranno poi esprimere il proprio parere. La nuova delega ‘riformulata’ – ha spiegato il presidente della commissione e relatore alla legge elettorale Francesco Paolo Sisto (FI) al termine del comitato – “affida al governo una formulazione delle tabelle su criteri rigidi”. La proposta prevede, tra i criteri che il governo dovrà rispettare, che “ciascun collegio plurinominale corrisponda di norma all’estensione territoriale di ciascuna Provincia, come determinata alla data di entrata in vigore della presente legge” oppure – si legge nella riformulazione – dovrà essere “determinato per accompagnamento di province diverse, purché contermini; nel caso di province di dimensione estesa, i collegi sono definiti mediante accorpamento dei territori dei collegi uninominali, escludendo, dove presenti, i comuni ricompresi in altra provincia”.

I collegi non potranno dividere il territorio comunale, salvo il caso dei Comuni che, per le loro dimensioni demografiche, comprendano al loro interno più collegi. In quest’ultimo caso, il comune deve essere suddiviso in collegi formati – si legge nella riformulazione – “mediante l’accorpamento dei territori dei collegi uninominali”. La delega prevede inoltre che i collegi non potranno essere inferiori a 115 e non superiori a 125. (Public Policy)

SOR