La proposta per punire chi vende accendini del Duce

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di Luca Iacovacci

ROMA (Public Policy) – Introdurre l’articolo 293-bis, relativo alla propaganda del regime fascista e nazifascista, nel codice penale, per punire con la reclusione da 6 mesi a 2 anni “chiunque propaganda le immagini o i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero delle relative ideologie, anche solo attraverso la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti.

Stesse sanzioni per chi ne richiama “pubblicamente la simbologia o la gestualità”, ovvero per il saluto romano. E pena che può aumentare di un terzo se il fatto è commesso “attraverso strumenti telematici o informatici“.

È quanto prevede, in sintesi, una proposta di legge alla Camera a prima firma di Emanuele Fiano (Pd) che, bloccata da metà 2016 in commissione Giustizia, è tornata ultimamente alla ribalta dei lavori della commissione.

La pdl (relatore Walter Verini, Pd), il cui prosieguo dell’esame è calendarizzato anche per martedì in 2a (durante la settimana scorsa sono stati auditi Giorgio Sacerdoti, professore di Diritto internazionale alla Bicocca e di rappresentanti dell’Unione delle camere penali italiane), “mira a introdurre nel codice penale una nuova fattispecie relativa al reato di propaganda del regime fascista e nazifascista”, affiancandosi alla legge Scelba e alla cosiddetta legge Mancino.

Obiettivo è quello di “delineare una nuova fattispecie che consenta di colpire solo alcune condotte che individualmente considerate sfuggono alle normative vigenti”. Infatti, si legge nella relazione al progetto di legge, “sembrano sfuggire alle maglie di queste fattispecie di reato comportamenti talvolta più semplici o estemporanei” come il “cosiddetto saluto romano che, non essendo volti necessariamente a costituire un’associazione o a perseguire le finalità antidemocratiche proprie del disciolto partito fascista, finiscono per non essere di per sé solo sanzionabili”.

Altrettanto grave e non derubricabile “a un mero fatto di folklore è tutta la complessa attività commerciale che ruota intorno alla vendita e al commercio di gadget o, ad esempio, a bottiglie di vino riproducenti immagini, simboli o slogan esplicitamente rievocativi dell’ideologia del regime fascista o nazifascista”, si legge ancora nella relazione che anticipa l’articolato.

La proposta di legge, infine, considera “altrettanto importante l’aggravante di pena derivante dall’aver commesso il fatto attraverso strumenti telematici o informatici: non c’è dubbio, infatti, che la propaganda di determinate condotte ha ormai trovato un terreno privilegiato attraverso le nuove tecnologie che consentono con pochi click di veicolare messaggi, immagini o simboli a una platea di destinatari certamente sconosciuta ai tempi in cui fu approvata la legge Scelba“. (Public Policy)