Resocónto – Lidia Menapace (1924-2020)

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di Gaetano Veninata

ROMA (Public Policy) – In ricordo di Lidia Menapace.

+++ 18 maggio 2006 – Fiducia al Governo Prodi in aula al Senato +++

“Signor presidente dell’Assemblea, caro presidente del Consiglio, lei si aspetterà – no, non si aspetta, perché se ne è andato, mi pare – che io protesti per la scarsa presenza delle ministre, cosa che farò anche in sua assenza, non solo concordando con quanto lei ha già affermato, cioè che le ministre sono poche (non conta che siano il triplo del precedente Governo, con il quale non c’è partita su questo terreno, mi pare ovvio: non è possibile confrontarsi addirittura), ma anche sostenendo che le ministre non solo sono poche, ma, tranne una, sono anche prive di qualsiasi portafoglio e in più confinate in una serie di deleghe che fanno torto alle competenze che in vari campi della cultura e della società italiana le donne si sono conquistate.

Per dirla in modo rapido, con uno slogan: se si tratta di concorsi, noi li vinciamo; è quando si tratta di entrare a far parte dei governi che vi sono gli ostacoli che, quindi, sono in altro luogo e in altra forma, e non riguardano le nostre abilità e competenze.

Naturalmente, offro a questo Governo un voto preciso, costante, tenace, ma sempre incalzante. Il Governo non deve aspettarsi né da me, né – spero – da altri un atteggiamento arreso e passivo. Considero il conflitto parlamentare, ma anche quello politico e sociale, un punto molto importante dello sviluppo della vita sociale e politica. Penso che debba essere considerato, non si può neutralizzarlo senza impoverire la vita politica e sociale di molti valori.

Devo ammettere che nel programma di questo Governo noto un arretramento significativo rispetto a punti importanti del programma dell’Unione, in particolare sul tema dei diritti e della laicità. Mi soffermerò su questi due argomenti per come soprattutto le donne li hanno avvertiti. Le proteste giunte già nel pomeriggio di ieri sono numerose, vengono da Milano “Usciamo dal silenzio”, da Napoli “194 parole in libertà” e da un’assemblea romana e si sono concluse anche con degli ordini del giorno che naturalmente potrete leggere sui giornali.

È un peccato che questo Governo inizi con un restringimento di interessi verso l’allargamento dei diritti e un’affermazione esplicita e rigorosa di laicità. Questa stagione politica è iniziata con l’elezione di Napolitano che, per l’appunto, rompe una conventio ad excludendum che ha intristito a lungo la nostra vita politica. Oltretutto, come si può notare Napolitano non è né Catilina, né Spartaco, né Giulio Cesare che varca il Rubicone; è persona affidabilissima e di grande equilibrio ma non è neppure l’inquilino moroso della reggia del Papa. È il rappresentante di una piena laicità dello Stato italiano che penso dovrebbe essere affermata nel nostro Paese con particolare interesse da parte dei credenti perché questo è sempre stato un tema molto discusso, basti ricordare le differenze fra Gioberti e Rosmini, per fare esempi semplici e alla portata di tutti.

In cosa tale allargamento dei diritti a noi pare non sia avvenuto (quindi sosterremo questo Governo a lungo e in modo incalzante perché speriamo che in futuro e nello sviluppo dell’attività politica si realizzino)? Non sono avvenuti né sull’articolo 2, né sull’articolo 3 della Costituzione.

L’articolo 2 riconosce i diritti della persona che la Repubblica italiana non fonda (perché non è uno Stato etico) ma riconosce e quando questi diritti vengono posti devono essere riconosciuti. Non si può dire semplicemente che i gay e le lesbiche disturbano gli altri. L’affermazione dei loro diritti non può offendere i diritti già posseduti. Il fatto che si risponda alle loro richieste di diritto con i diritti non offende la famiglia che è già tutelata nell’articolo 29 in modo costituzionalmente definitivo. Come può una legge ordinaria offendere i diritti di chi ha già una tutela costituzionale? Sarebbe come dire, ad esempio, che la legislazione sul terzo settore offende i diritti del partito e dei sindacati perché entrambi hanno diritti costituzionalmente ancorati e quindi non dovrebbero essere in alcun modo circondati da altri diritti.

Troviamo questo aspetto davvero preoccupante perché introduce una specie di requisizione o visione meno ampia di quanto non dovrebbe essere dell’esercizio dei diritti, quindi ci ripromettiamo di insistere su questo punto sia chiedendo al ministro Bindi, alla quale va davvero una considerazione molto significativa e molto più ampia di quella che può venire dai suoi compagni e amici di partito per la costante capacità di essere laica, essendo – come tutti sanno – credente, le chiederemo di introdurre un monitoraggio sulla famiglia perché a nostro parere è importante dimostrare che la famiglia è anche un’istituzione molto violenta in questo momento.

La gran parte delle violenze fisiche e sessuali nei confronti delle donne e la gran parte dei maltrattamenti e delle molestie nei confronti dei minori e delle minori avvengono in famiglia. Non credo che ciò si debba coprire con una specie di manto di garantita probità. Occorre che questa problematica emerga per quella che è.

L’altro punto concerne l’articolo 3 della Costituzione, che a mio avviso contiene un aspetto di straordinario interesse: una concezione dell’uguaglianza dinamica e non astrattamente formulata una volta per sempre. È un’uguaglianza che viene sempre messa in discussione perché sempre vi sono ostacoli: all’accesso alla cittadinanza di immigranti; a nuove forme della vita sociale che non vengono prese in considerazione.

In particolare, tra tutti i temi riguardanti la vita e dei quali dobbiamo occuparci molto, questo è certamente qualcosa su cui non si può avere preconcetto. Si tratta di materia su cui non vi sono precedenti giuridici. Come si fa a legiferare dove non ci sono precedenti giuridici? Occorre trovare una convinzione comune qui, nel Parlamento italiano, non fuori. L’intesa tra un cardinale, sia pure progressista, e un giurista avanzato e magari persino uno scienziato non prometeico non serve, non basta. L’accordo deve essere trovato qui, nel confronto tra i due generi, riconoscendo anche che sul tema della generazione esiste una disimmetria tra i generi perché il genere maschile è atto a fecondare e quello femminile a generare. Sul generare pertanto occorre ascoltare quello che noi abbiamo da dire in base alla nostra storia, alla nostra esperienza.

Se ciò non viene fatto in questa sede si pone in essere una violazione della laicità tra le più pesanti. Quando si parla di laicità probabilmente gli uomini – intendo dire i signori maschi – hanno l’abitudine di considerare ciò che appartiene alla loro storia. Ma la laicità per noi è anche altro, qualcosa che riguarda l’intrinseca considerazione della nostra esistenza come persone donne che in questa materia hanno una particolare competenza.

Non risparmierò mai al Governo né la mia leale adesione, il mio voto, ma nemmeno la mia ferma critica. Questo lo devo perché ciò ho detto in campagna elettorale a molte donne che mi chiedevano di instaurare con loro una relazione politica significativa. Non posso dire che ci rivedremo tra cinque anni, anche perché sono molto resistente ma ho già un anno in più del nostro presidente della Repubblica, che pure è un giovanotto e spero di continuare ad andare avanti così. Finora ho schivato l’Alzheimer, speriamo di continuare in questo modo. Affermo questo col massimo vigore, ma anche con passione e convinzione. Sono lieta che in queste aule ogni tanto si senta qualche accento appassionato. Forse è giusto che la vita entri in questo modo.

Signor presidente, voglio dirle un’ultima cosa. Sono stata molto contenta di ciò che lei ha detto sull’Iraq. I tempi tecnici di quel ritiro per me sono stringenti. Non posso pensare di essere arrivata fino ad 82 anni senza commettere omicidio e non vorrei cominciare adesso. Sono convinta che chiunque muoia lì è senza risarcimento, è senza remissione.

Non si può stabilire il diritto con la guerra. L’ho provato, sono vecchia abbastanza da averlo provato. Quando un esercito terribile ha invaso il nostro Paese ciò non è bastato a spegnere il nostro desiderio di libertà. Ma quando un esercito è venuto con distruzioni terribili a liberare – come si dice – il nostro Paese, non abbiamo sentito di dover imitare quell’esercito e abbiamo dato vita ad una Costituzione che non è né la copia della Costituzione americana, né l’imitazione della Magna Charta inglese. Abbiamo fatto una cosa nostra e adesso vogliamo difenderla in ogni modo perché degna di essere difesa”. (Public Policy)

@VillaTelesio