Resocónto – Ohibò

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di Gaetano Veninata

ROMA (Public Policy) – L’ho trovata lì, fresca fresca, fumante, mentre passeggiavo lungo la strada più elegante del nostro social preferito, quella percorsa dai politici, dai nostri cari eletti. L’ho raccolta, l’ho conservata.

Una poesia – su Twitter – di Claudio Borghi, simpatico deputato leghista.

“Buondì! È un bel mattino / Accarezzo il mio telefonino / Che ha racchiuso dentro sé / Il santo pass tutto per me / Ohibò ma non era caricato! / Schermo spento, oscurato! / E così da cittadino modello / Ti trasformi in uno zimbello / La tua giornata finisce qui / A mendicare una uessebì”.

E invece no, la nostra giornata non finisce qui, perché nell’ambito di quello che possiamo definire un concorso letterario all’interno del gruppo leghista a Montecitorio, troviamo anche la magnifica prosa in aula di Alessandro Pagano:

“Per anima non dobbiamo intendere quello che ci offre la cultura dominante, che la banalizza immaginando che sia qualche cosa che appartenga ai cristiani, ai cattolici o roba simile: l’anima è lo spirito, l’anima è la psicologia, l’anima è tutto il nostro essere che non è corpo. Noi, evidentemente, dobbiamo sollevare questi aspetti che attengono alla coscienza, su cui si tende a banalizzare. È un processo plurisecolare che nasce nel 1717 con la nascita della prima loggia massonica, che trova uno sviluppo sociopolitico nella Rivoluzione francese e che fino a quel momento non aveva mai trovato accoglienza in nessun ambito delle variegate sfumature temporali che si sono succedute nel corso dei secoli; trova un rafforzamento nella Rivoluzione bolscevica del 1917 e pieno sviluppo soprattutto nella rivoluzione antropologica culturale del 1968. Come dire che l’uomo, dopo aver voluto tagliare completamente i cordoni ombelicali con Dio, arriva con la rivoluzione del 1968 a distruggere se stesso, quasi a volersi strappare la pelle, a togliersi tutte le dinamiche di una vita normale e privarsi della sua vita, del suo senso della famiglia, del suo senso di appartenenza, delle sue radici, della sua identità, del suo genere sessuale, fino ad arrivare ad annichilirsi e autodistruggersi. Un vero e proprio suicidio complessivo“.

Ohibò, verrebbe – borghianamente – da dire. (Public Policy)

@VillaTelesio