ROMA (Public Policy) – Il dl Salva imprese rischia di costringere le aziende del food delivery ad abbassare la paga dei riders. Lo ha detto Matteo Sarzana, general manager Italia di Deliveroo e presidente di Assodelivery in audizione in commissione Lavoro alla Camera in merito alle risoluzioni sulla gig economy.
Ad essere criticata dalle aziende è la norma in base alla quale “il corrispettivo per i lavoratori può essere determinato in base alle consegne effettuate purché in misura non prevalente“.
Un rider – ha riportato Sarzana – guadagna in media 11 euro l’ora, ma durante le fasce del pranzo e della cena può arrivare a 30-35. “Con la prevalenza si limita la possibilità di guadagnare le cifre che rendono questo lavoro appetibile”, ha sottolineato.
Dubbi anche sulle novità in merito alla copertura assicurativa Inail. “Siamo più che disponibili a versarlo, ma legarlo a un minimo salariale per giornata ci limita nel coprire adeguatamente i riders visto che a priori non sappiamo come e quanto lavoreranno all’interno della giornata”, ha ancora aggiunto il manager.
E I RIDERS CHE NE PENSANO?
Anche i fattorini spingono sul Parlamento per modificare il decreto. Alcuni lavoratori del food delivery hanno infatti inviato una mail ai parlamentari con la quale presentano la petizione per modificare il decreto voluto dal precedente Governo. “Rappresentiamo la stragrande maggioranza dei riders e le chiediamo di ascoltarci. Saremmo disponibili e felici di confrontarci in qualunque momento con lei”, scrivono i riders ai parlamentari.
Nella petizione, con circa 500 firme, i riders sottolineano che le norme contenute nel Salva imprese “non solo non migliorano le nostre condizioni di lavoro: le peggiorano. E per questo vi chiediamo di modificarle”.
“La prima novità del decreto è l’introduzione di una retribuzione minima oraria ‘prevalente’ rispetto al cottimo, a patto che venga effettuata almeno una consegna. Partiamo da un presupposto: ‘cottimo’ non è una parolaccia. Il cottimo è una delle forme di retribuzione previste dal nostro Codice civile, e per un lavoro come il nostro è la forma più meritocratica che ci sia”, si legge nella petizione. “Quella norma è controproducente. Che ci sia un minimo garantito può andare bene in alcune fasce orarie in cui c’è meno lavoro, ma il fatto che tale minimo debba essere ‘prevalente’ rispetto al corrispettivo legato alle consegne rischia di diminuire i nostri compensi, invece che aumentarli. Con un minimo garantito obbligatoriamente ‘prevalente’, infatti, le piattaforme saranno costrette ad aumentare il numero di riders a disposizione, riducendo il numero di ordini assegnati a quelli fra loro che svolgono questo lavoro con più impegno e serietà. Si creerebbe così una sorta di ‘tappo’ alla possibilità di guadagnare di più per noi riders, aumentando il precariato: l’opposto di quanto la norma vorrebbe ottenere. La nostra proposta è pertanto di rimuovere il riferimento alla ‘prevalenza’ del minimo garantito. Ci sono molti altri modi per tutelare noi riders senza limitare la nostra possibilità di guadagnare, su cui siamo ovviamente disponibili a confrontarci”, scrivono ancora i fattorini.
“La seconda novità prevista dal decreto è l’obbligo di assicurazione Inail. Ebbene, noi siamo – e siamo contenti di essere – lavoratori autonomi. Molti di noi hanno altre attività (lavorano o studiano), e la flessibilità che garantisce questo lavoro è per molti di noi un criterio di scelta fondamentale. Tutte le piattaforme con cui collaboriamo offrono già gratuitamente pacchetti assicurativi privati per i riders. Certo, queste assicurazioni sono spesso carenti e sicuramente migliorabili; tuttavia, non vogliamo che le piattaforme siano obbligate a offrire l’assicurazione Inail a tutti i propri riders, indipendentemente dalle caratteristiche e dal tempo della collaborazione. Temiamo – è il punto che sottolineano i riders – che il costo di quelle assicurazioni, direttamente o indirettamente, finirebbe per ricadere anche su di noi. La nostra proposta è semplice: definiamo standard minimi di tutela da rispettare, e lasciamo libere le piattaforme di stipulare le assicurazioni con compagnie private o con l’Inail. Oppure, se proprio bisogna introdurre l’assicurazione Inail, chiediamo che questa tuteli i riders solo per le ore effettivamente lavorate”.
Sono altri invece i punti che secondo i riders mancano nel provvedimento. “Speriamo che a partire da questo decreto ci possa essere un confronto sul merito dei nostri reali bisogni e che si possano individuare insieme delle ulteriori tutele su cui il decreto non interviene: dalla trasparenza sul funzionamento dei sistemi di ranking e sulla struttura dei guadagni alla portabilità della reputazione, dai corsi di sicurezza stradale alla distribuzione di caschi e luci di sicurezza per chi va in bici”, concludono i riders.
Viste (e sentite) le critiche, la ‘nuova’ maggioranza M5s-Pd (più Leu e Italia Viva) cerca ora un accordo per rivedere le norme.
Secondo i 5 stelle, infatti, quella attualmente contenuta nel provvedimento è una versione figlia di un confronto ‘al ribasso’ con la Lega. Per questo, si apprende, l’obiettivo sarebbe quello di rendere un po’ più stringente la normativa e, allo stesso, tempo allargare ai riders ulteriori tutele.
Al momento, comunque, in una fase interlocutoria tra i partner di Governo e rimanendo sul campo delle ipotesi, si tende ad escludere di voler far rientrare questi lavoratori sotto l’ombrello della subordinazione, anche se la normativa applicabile, in termini di tutele, risulterebbe la stessa.