di David Allegranti
ROMA (Public Policy) – L’attacco di Israele all’Iran ha creato non poco scompiglio all’interno del movimento MAGA, che si è diviso fra chi dice che gli Stati Uniti dovrebbero lasciare Benjamin Netanyahu al suo destino e chi no. Una frattura notevole, al punto tale che Tucker Carlson, uno degli opinionisti più influenti vicini al movimento trumpiano, contrario all’eventuale intervento statunitense in Iran, è stato apertamente sfottuto e attaccato dallo stesso Donald Trump.
Carlson, ex anchorman di punta cacciato dalla Fox, ha intervistato Ted Cruz, senatore repubblicano del Texas, sostenitore acceso dell’alleanza con Israele. Per Cruz “è nell’interesse dell’America vedere un cambio di regime in Iran”. Al che Carlson gli ha chiesto: “Quante persone vivono in Iran?”. Il senatore texano non ha saputo rispondere, dando l’occasione al giornalista conservatore di replicare così: “Sei un senatore che vuole rovesciare un Governo e non conosce nulla del Paese in questione”. E ancora: “Non sai nemmeno l’etnia o la composizione religiosa della popolazione iraniana”.
Per Trump la questione non si pone, semplicemente: “L’Iran non può avere un’arma nucleare”, ha scritto in caps lock su Truth. Il 47esimo presidente degli Stati Uniti, che pure aveva promesso la pace mondiale all’elettorato Usa, spiegando che avrebbe risolto in poche ore conflitti sparsi in giro per il globo (come la guerra in Ucraina scatenata dalla Russia), sembra aver preso la decisione di sostenere Israele fino in fondo. Il che vuol dire che persino gli Stati Uniti sotto la guida di Trump potrebbero partecipare all’attacco all’Iran.
La frattura interna al mondo MAGA non è rimasta tuttavia confinata ai duelli fra opinionisti, è entrata direttamente dentro l’Amministrazione. La stessa Tulsi Gabbard, direttrice dell’Intelligence, già nota per le sue posizioni filo-russe, ha detto che l’Iran non stava e non sta costruendo armi nucleari, ma Trump – interpellato sul tema a bordo dell’Air Force One – ha liquidato la questione: “Non mi interessa cosa ha detto… Io penso che ci stavano molto vicini”.
Trump è il Re, non c’è spazio per la contrattazione; semmai c’è spazio solo per una buona corte che esegue immediatamente i suoi ordini senza metterli in discussione, pena essere ridicolizzato o brutalmente smentito in tv o sui social. Fin qui però il trumpismo era apparso assai compatto nel sostenere, a prescindere, Re Donald. Ora la faccenda è diversa, Trump sembra dover fare i conti con una base divisa, forse frastornata dalle promesse di pace mancate.
@davidallegranti