ROMA (Public Policy) di Simona Bonfante -La fretta fa i figli ciechi. Leggete la bozza del governo Renzi per la riforma costituzionale (art 57, nuova Assemblea delle autonomie):
“L’Assemblea delle autonomie è composta dai Presidenti delle Giunte regionali e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, nonché, per ciascuna Regione, da due membri eletti, con voto limitato, dai Consigli regionali tra i propri componenti e da tre Sindaci eletti da una assemblea dei Sindaci della Regione. La durata del mandato nell’Assemblea delle autonomie dei Presidenti delle Giunte regionali e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, nonché dei membri eletti dai Consigli regionali, coincide con la durata degli organi ai quali appartengono. La durata del mandato dei Sindaci eletti nell’Assemblea delle autonomie è pari a cinque anni. (…)”
La durata del mandato non è uguale per tutti. Per presidenti delle Giunte regionali e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, nonché per i membri eletti dai Consigli regionali, la durata del mandato “coincide con la durata degli organi ai quali appartengono”. Quindi si decade da senatore nel momento in cui si conclude il mandato elettivo.
Per i sindaci invece la coincidenza tra durata del mandato senatoriale e durata del mandato elettivo non c’è. “La durata del mandato dei Sindaci eletti nell’Assemblea delle autonomie è pari a cinque anni” – questo dice l’art. 57, e basta. I sindaci hanno quindi diritto a restare nell’Assemblea per cinque anni, anche se sono stati nominati alla fine del mandato, cioè ad un passo dallo status di ex.
Questo è un problema, probabilmente solo di formulazione – una svista nel testo. Perché invece se non fosse solo una svista, allora sarebbe un problema pure più grosso: ci ritroveremmo un nuovo Senato più simile ad un parcheggio di ex che ad una efficiente nuova Camera delle autonomie. (Public Policy)
@kuliscioff
*in collaborazione con Strade