#Stradeblog // Altro che Italicum, lo scontro vero è sulla riforma Rai

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ROMA (Public Policy / Stradeonline.it) – di Piercamillo Falasca -Nel disegno di legge di riforma della Rai, presentato dal Governo e per ora “a bagnomaria” in attesa di prendere la via dell’esame parlamentare, c’è un piccolo comma che potrebbe cambiare per sempre l’assetto televisivo italiano. E che, se approvato, rappresenterebbe la rottura definitiva del dialogo tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi.

Così recita l’articolo 5, comma 1, lettera a della proposta di riforma: “Sono abrogate le seguenti disposizioni: a) articoli 17 e 20 della legge 3 maggio 2004, n. 112”. La soppressione di quell’articolo 17 della legge Gasparri, in particolare, eliminerebbe il tetto alla raccolta pubblicitaria della Rai, che dal lontano 1990 (fin dalla legge Mammì) è tenuta a rispettare dei limiti di affollamento pubblicitario: sulla tv pubblica, la trasmissione di messaggi pubblicitari non può eccedere il 4% dell’orario settimanale di programmazione ed il 12% di ogni ora.

Tali limiti alla raccolta pubblicitaria di viale Mazzini determinano un meccanismo distorsivo che di fatto consente a Mediaset di raccogliere significativamente più dell’azienda di Stato, nonostante gli indici di share pressoché uguali.

Sebbene entrambi i colossi della tv italiana stiano sperimentando negli ultimi anni un lento (e forse inesorabile) declino, a vantaggio della tv satellitare e di altre piattaforme media, l’attuale regolazione consente a Mediaset di mantenere una indiscussa leadership del mercato pubblicitario. Secondo i dati Nielsen diffusi a marzo, il Biscione si attesta al 62,6% (stabile rispetto al 2014), mentre la Rai raccoglie appena il 20,1% (era il 21,7% un anno prima), Sky il 10,3 (era l’8,7%) e La7 il 4,1% (in calo di quattro decimali).

Se ora, con la riforma televisiva, il tetto dovesse saltare, l’azienda pubblica tornerebbe a competere liberamente nel mercato della pubblicità. Stando ai dati 2014, quando Mediaset ha realizzato 2,1 miliardi e la Rai poco meno di 800 milioni, il possibile “travaso” annuo dalle tv private a quella statale è stimabile in circa 600 milioni di euro. Risorse che potrebbero contribuire alla copertura finanziaria di un’altra misura su cui Palazzo Chigi sta ragionando: l’abolizione del canone televisivo.

A subire i danni maggiori sarebbe ovviamente Mediaset, che a differenza di Sky si nutre di sola pubblicità e ha una struttura di business meno adeguata all’eventuale cambio di paradigma e alla maggiore concorrenza. Altro che Italicum, insomma. La vera partita su cui si giocherà nei prossimi mesi la contesa tra il governo Renzi e Forza Italia (che farà Alfano?) è un comma oscuro della riforma della Rai. (Public Policy / Stradeonline.it)

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