Twist d’Aula

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ROMA (Public Policy) – di Massimo Pittarello – Quando niente e quando troppo. L’Italicum è al rush finale alla Camera, il ddl riforme istituzionali al Senato a metà percorso, Matteo Renzi residente fisso a Palazzo Chigi. Tre elementi che, singolarmente sono la fisiologica reazione ad anni di immobilismo nei rispettivi campi ma che, sommati, potrebbero costituire un pericoloso eccesso.

In passato ogni iniziativa per superare l’attuale sistema istituzionale e, in particolare, il bicameralismo perfetto, è sempre naufragata nel nulla. A lungo siamo rimasti impantanati in un modello unico al mondo e che ci obbliga a doppi passaggi parlamentari e doppio vincolo di fiducia, che ha moltiplicato i veti, allungato i tempi, complicato le procedure. Con tutti i dubbi e gli interrogativi esistenti su diversi aspetti della riforma costituzionale, è indubbio che essa rappresenti una novità radicale, potenzialmente in grado di scardinare un sistema istituzionale ingessato.

Noi, però, siamo quelli del tutto e subito, incapaci di avanzare per gradi. Tra qualche giorno l’aula della Camera procederà all’esame dell’Italicum, legge elettorale partita “con il più ampio consenso possibile”, passata al Senato grazie ai voti di Forza Italia, ma su cui il governo potrebbe ora imporre il voto di fiducia. Se così fosse, per una serie di contingenze politiche, le nuove regole del gioco non sarebbero figlie della condivisione, ma il frutto di una prova di forza della maggioranza, tra l’altro più instabile di quella che approvò il Porcellum.

Certo, era necessario superare l’attuale stallo e la legge assolutamente proporzionale in vigore, ma sommate Italicum e riforme istituzionali e avrete di fronte il potenziale mutamento radicale del nostro sistema costituzionale. Finalmente, dirà qualcuno. Però attenzione a non sottovalutare il terzo elemento: Matteo Renzi a Palazzo Chigi. Dopo un “re che non governava” (Berlusconi) e capi di governo ostaggio delle fazioni interne (gli esecutivi del centrosinistra), l’attuale premier ha rivoluzionato il metodo di gestione del potere. Ha nominato amici e fedelissimi nei centri di comando, ha costituito una sorta di “gabinetto informale”, ha esautorato gli altri ministri (di cui dovrebbe essere solo primus inter pares), ha abolito il pre-consiglio dei Ministri, approva decreti che vengono pubblicati in Gazzetta Ufficiale più tardi di qualunque altro nella storia, interrompe le riunioni per twittare o rilasciare qualche dichiarazione alla stampa.

Insomma, Renzi si muove con disinvoltura, piegando parlamento, minoranze e opinione pubblica al suo volere anche con l’attuale sistema istituzionale, lo stesso di cui Berlusconi si lamentava perché “non gli permetteva di governare”. Ora, poiché il regime politico non è solo il frutto delle regole formali, ma anche delle forze materiali in campo, con la somma dei tre elementi (legge elettorale, riforme istituzionali, fattore Renzi), si rischia di passare da un estremo ad un altro. Date al giovin fiorentino una maggioranza schiacciante in una sola Camera, un solo vincolo di fiducia, la frammentazione delle opposizioni, una legge elettorale fortemente maggioritaria, la riforma in senso governativo della Rai e chissà che altro e, soprattutto, un Iphone con connessione a internet e qui, dall’eccesso di nulla si passa all’eccesso di Renzi. In medio stat virtus, diceva Aristotele. Beato lui. (Public Policy)

@gingerrosh