(Public Policy) – Roma, 15 feb – (di Sonia Ricci) Un provvedimento
figlio di una concezione “burocratica” della trasparenza, per cui si
pubblicano tanti documenti, tanti pdf, così come si faceva
prima sugli albi di carta, “ma senza un criterio”. Ernesto
Belisario, avvocato di Agorà Digitale, associazione che si
occupa di accesso alla rete, commenta in questi termini il
decreto sulla trasparenza dei dati della pubblica
amministrazione, approvato oggi dal Consiglio dei ministri.
Il provvedimento preoccupa l’associazione. Che definisce la
sua approvazione un “blitz” del Governo fatto senza
preavviso, e senza averne dato notizia nell’ordine del
giorno del Consiglio dei ministri. Dietro all’idea di
portare maggior trasparenza, potrebbe celarsi, per Agorà
Digitale un metodo per rendere i dati della pubblica
amministrazione ancora meno accessibili. Il decreto potrebbe
infatti aver recepito una richiesta del Garante della
privacy, di non indicizzare i dati della Pa sui motori di
ricerca. Una misura che, per Agorà Digitale, significherebbe
“nascondere in pratica le informazioni pubblicate sui siti”.
D. PERCHÈ AGORÀ PARLA DI “BLITZ DEL GOVERNO”? ANCORA NON
SAPPIAMO QUALI SONO STATE LE MODIFICHE.
R. Parliamo di “blitz” in riferimento ai testi, c’è stata
un’accelerazione da parte del Governo che ha deciso di
votare oggi il provvedimento senza averlo inserito
nell’ordine del giorno. E oggi, invece, nel comunicato
stampa il decreto era al primo punto, probabilmente meritava
anche di essere citato nell’agenda del giorno, questo non è
un buon segno verso la trasparenza.
D. PERCHÈ AVETE QUESTI “SOSPETTI”?
R. Non abbiamo il testo, è vero, ma abbiamo il comunicato
stampa che ci dice che sono state recepite alcune modifiche
richieste dal Garante della privacy e questo ci rende
particolarmente preoccupati.
D. PERCHÉ VI PREOCCUPANO TANTO?
R. Il Garante ha recepito il decreto chiedendo che non
fossero indicizzati nei motori di ricerca tutti i dati.
Questo vuol dire in pratica nascondere le informazioni dei
siti. Se il Governo ha introdotto questa richiesta, ha
peggiorato ulteriormente la bozza.
D. AVETE PROPOSTO DELLE MODIFICHE. PERCHÉ?
R. Le abbiamo presentate per difendere il ruolo degli ‘open
data’ (accesso libero ai dati in rete, Ndr). Pubblicare
migliaia di documenti in un sito istituzionale, magari in
formato pdf, è il modo migliore per nasconderli. La vera
trasparenza può esserci solo nel momento in cui si rende
possibile a tutti di trovare le informazioni.
Quelle sulla spesa pubblica, ad esempio, devono essere
pubblicate in un’unica tabella. Non è possibile avere in una
sezione le informazioni sui contratti, in un’altra quelle
sulle consulenze e in un’altra ancora quelle sugli
affidamenti di bandi.
D. QUALI DATI DEVONO ESSERE RESI PUBBLICI?
R. La risposta a questa domanda dipende dal testo
definitivo, quando lo conosceremo. Il problema comunque
rimane capire ‘come’ pubblicarli.
L’ultima bozza approvata prevede che i documenti possano
essere pubblicati in tempi, modi e formati diversi. Ma in
questo modo non verrà permesso nessun effettivo controllo
sulle attività della Pa. (Public Policy)
SOR