Trump tra ‘tech bros’ e attivisti Maga: il nodo dei visti

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – Donald Trump sarà formalmente presidente degli Stati Uniti a partire dal 20 gennaio, giorno della cerimonia di insediamento. Nel frattempo però sono emersi già alcuni problemi all’interno della sua squadra. Non solo perché Matt Gaetz, avvocato, ex parlamentare, ha dovuto rinunciare alla nomina di attorney general per via dei suoi vari problemi giudiziari. Ma anche perché iniziano a emergere alcune linee di frattura fra i trumpiani. Da una parte ci sono i “tech bros” – come vengono sprezzantemente definiti Elon Musk & soci – favorevoli ai visti per l’immigrazione con l’obiettivo di trovare, ma non solo, ingegneri stranieri di talento; dall’altra, gli attivisti del MAGA (Make America Great Again) ripiegati attorno al proprio particulare.

La prima amministrazione Trump restrinse le maglie del programma di visti H-1B sostenendo che permetteva alle aziende di rimpiazzare gli statunitensi con lavoratori stranieri malpagati. Adesso però ci sono Musk e Vivek Ramaswamy, già sfidante di Trump alle primarie del Partito Repubblicano vinte dal tycoon, pronti a spiegare che gli Stati Uniti hanno bisogno di attirare quanti più tecnici di talento possibile da Paesi come la Cina e l’India. “Il motivo per cui le principali aziende tecnologiche spesso assumono ingegneri di prima generazione e di origine straniera anziché ‘nativi’ Usa non è dovuto a un deficit innato di QI statunitense (una spiegazione pigra e sbagliata).

Una parte fondamentale di ciò si riduce alla parola con la ‘c’: cultura. “Le domande difficili richiedono risposte difficili e se vogliamo davvero risolvere il problema, dobbiamo confrontarci con la verità”, ha scritto Ramaswamy, americano nato negli Stati Uniti – per questo dunque candidabile alla presidenza – da due genitori indiani. “La nostra cultura” statunitense “ha venerato la mediocrità rispetto all’eccellenza per troppo tempo (almeno dagli anni ’90 e probabilmente anche prima)”. Per Ramaswamy il problema inizia prima del college, da giovani. Per via anche di un contesto culturale sfavorevole all’eccellenza, ha spiegato l’imprenditore che insieme a Musk avrà il compito di tagliare le spese delle agenzie federali.

“Una cultura che celebra la reginetta del ballo di fine anno anziché il campione delle olimpiadi di matematica, o l’atleta anziché il miglior studente, non produrrà i migliori ingegneri”. Una cultura che venera Cory di “Boy Meets World”, o Zach & Slater anziché Screech di “Saved by the Bell”, o ‘Stefan’ anziché Steve Urkel di “Family Matters”, ha detto ancora Ramaswamy, “non produrrà i migliori ingegneri”. Dunque: “Più film come Whiplash, meno repliche di Friends. Più lezioni di matematica, meno pigiama party. Più gare scientifiche nel weekend, meno cartoni animati il sabato mattina. Più libri, meno TV. Più creazione, meno ‘rilassarsi’. Più attività extracurriculari, meno ‘passare il tempo al centro commerciale’”. Questo perché “la ‘normalità’ non è sufficiente in un mercato globale ipercompetitivo per i talenti tecnici. E se fingiamo che sia così, la Cina ci prenderà a calci nel sedere”.

Donald Trump per ora sta con i “tech bros”. Ha pure spiegato di impiegare regolarmente nelle sue attività persone con regolare visto. Gli estremisti di destra se ne dovranno fare una ragione, forse. Un po’ come dalle nostre parti gli elettori No Euro si sono dovuti fare una ragione dei compromessi che i parlamentari eletti con i loro voti hanno dovuto raggiungere una volta arrivati al governo (l’Italia, prevedibilmente, non è uscita dalla zona euro).

Gli attivisti del movimento Maga sono tuttavia ostinati, sempre capeggiati – almeno a livello ideal-culturale – da Steve Bannon che nel suo podcast, “War Room”, ha dichiarato guerra – per l’appunto – ai “tecnocrati” e al loro “odio per gli Stati Uniti”. Non è chiaro perché i cosiddetti tecnocrati – nel senso di tech, in questo caso – dovrebbero odiare il Paese che ha permesso loro di diventare ciò che sono, ma tant’è. Il movimento Maga sta cercando di condizionare Trump su un aspetto rilevante sottolineato da Ramaswamy nelle sue dichiarazioni sulla scarsa competitività degli Stati Uniti in alcuni settori chiave. Ma finché il tycoon resterà allineato a Musk & soci nessuno degli estremisti, speso più realisti del re, potrà fare molto. (Public Policy)

@davidallegranti