Twist d’Aula – Dopo la luna di miele. Agenda Draghi

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di Massimo Pittarello

ROMA (Public Policy) – Terminata l’esasperata agiografia che infastidiva lo stesso Draghi, i primi nodi cominciano a venire al pettine. Ce ne sono alcuni di carattere politico, contingenti, di equilibri tra e con le forze parlamentari, di nomi e di assetti. Ce n’è poi un altro, assai più grande, che risiede nella siderale distanza che passa tre le parole e i fatti. O meglio, le tesi economiche espresse dall’ex presidente Bce hanno riscosso un quasi unanime consenso. Bisognerà verificare cosa succederà quando, nella realtà, si comincerà a distinguere tra “debito buono” e “debito cattivo”, se si andrà verso la fine dei sussidi alle “aziende zombie” o quale sarà la percezione degli aiuti a sostegno delle banche. Che questo tipo di medicine siano adeguate, e necessarie, lo contestano in pochi. Che siano dolorose e piene di effetti collaterali, non lo dice quasi nessuno (ancora).

L’atteggiamento dei 5 stelle è intanto il primo ostacolo “tattico” per il presidente incaricato. Aver voluto subordinare l’appoggio al nuovo Governo al voto su Rousseau ha dilatato i tempi proprio quando ci sarebbe stata la necessità di essere rapidi. Inoltre, è stato un modo di porre delle condizioni – come il ministero della Transizione ecologica – che suonano discordanti non solo e non tanto con la figura dell’ex governatore Bankitalia, ma anche con l’appello di Mattarella a un “Governo di alto profilo senza colore politico”. Il Quirinale continua a spingere affinché si possa trovare una maggioranza più ampia possibile (dato che quella “Ursula” era pressoché impossibile) proprio disinnescare la possibilità che una sola forza parlamentare, per quanto grande, possa armarsi del potere di ricatto. Ma altre provocazioni arriveranno. Tuttavia trovare una base larga rientra nelle condizioni per affrontare i nodi strategici, di lungo periodo.

Draghi ha compreso lo scenario e si sta muovendo di conseguenza. D’altra parte, prima del “whatever it takes” trovò con Merkel un accordo che lo protesse dai falchi rigoristi (e lo spread cominciò a scendere un mese dopo, ad agosto 2012, quando Berlino diede l’ok agli aiuti alla Grecia). Adesso, prima di scendere a Roma, si è sentito con la cancelliera tedesca e con Macron che, insieme a Mattarella, erano gli unici con lui sul palco a Francoforte, il 28 ottobre 2019, per la cerimonia di addio alla Bce. Insomma, non manca di costruirsi il sostegno necessario. Come dimostra il via vai che c’è stato a Villa Huffer (dove la Banca d’Italia ospita gli uffici assegnati ai suoi ex governatori) nelle scorse settimane o anche il giro di incontri con le parti sociali, adesso sta adottando le stesse precauzioni.

Una rete di protezione di cui ci sarà ancora più bisogno nei prossimi mesi, sia per superare un semestre bianco che si preannuncia politicamente instabile sia soprattutto se si dovesse mettere in campo anche solo una parte delle teorie espresse fino a qui. Nel dicembre scorso, nel rapporto del G30 di cui Draghi è presidente, si è per esempio sottolineato il problema delle “aziende zombie”, che restano in vita solo per una inefficiente allocazione delle risorse per cui tocca ai Governi, diceva il rapporto, adottare politiche molto selettive. Una strategia, dolorosa, di non sostenere più alcune aziende e di lasciarle morire. Detta brutalmente, selezione darwiniana. Quali saranno le reazioni dei proprietari e dei lavoratori di quelle aziende? E quali quelle di categoria o dei rappresentanti politici? Certamente, non stenderanno tappeti rossi.

Lo stesso vale per la distinzione tra “debito buono” e “debito cattivo”. Come anche sugli aiuti alle banche, su cui il Governatore Visco ha lanciato ieri l’allarme in Parlamento. Tutte queste misure, pur necessarie, presentano elevati costi sociali collaterali. In particolare le riforme che, se non sono mai state portate a termine, è anche per il tasso di resistenza interno alla Pubblica amministrazione o al sistema della giustizia. La sola ipotesi di allungare la scuola al mese di giugno per recuperare le lezioni perse, per esempio, ha già acceso le proteste dei sindacati. Sulla concorrenza ogni intervento è sgradevole per qualcuno (concessioni balneari, tassisti, ordini professionali). Vedremo adesso cosa succede con i ristori. Le mode passano (per fortuna), le agende restano (per fortuna), le resistenze dell’Italia sono sempre lì (purtroppo). (Public Policy)

@m_pitta

1 COMMENT

  1. […] Se a febbraio scorso era pronosticabile che l’azione riformatrice dell’Esecutivo avrebbe trovato resistenze, a marzo che la pax draghiana era già traballante e a settembre che riforme politicamente costose difficilmente sarebbe state approvate, oggi c’è un’altra evidenza. Tutte le principali decisioni dovranno passare al vaglio di un Parlamento ancora più balcanizzato di prima che potrebbe mettersi di traverso. Camera e Senato, per esempio, avranno l’ultima parola su 59 delle 102 riforme previste dal Pnrr e concordate con Bruxelles (due a settimana). Poi c’è la definizione della riforma fiscale (tema politicamente radioattivo). Il codice degli appalti e la concorrenza da approvare entro giugno. Il nuovo regime pensionistico entro fine anno. Poi la spending review, la riforma dell’istruzione primaria e secondaria, quella della giustizia (sia civile che penale). Solo per rimanere all’essenziale ed non menzionando questioni politiche come il sistema elettorale. Solo per fare un esempio, sul caro bollette tutti i partiti hanno già chiesto un nuovo scostamento di bilancio, con il Mef che per ora si oppone. E abbiamo appena iniziato. […]