Twist d’Aula – Draghi e il vento atlantico

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di Massimo Pittarello

ROMA (Public Policy) – Europeo e atlantico. Nel discorso di Mario Draghi al Senato sono state scandite le priorità internazionali del nostro Paese. Che ricomprendono l’irreversibilità dell’euro, ma anche un maggior dialogo con Francia e Germania, l’attenzione ai Balcani, al Mediterraneo, alla Libia e all’Africa. E, senza escluderle dal dialogo, ha menzionato Russia e Cina, certificando però le violazioni dei diritti umani dei due Paesi. Sembra scontato a guardare quello che accade nei due Paesi, ma non lo è. Specie perché il predecessore a Palazzo Chigi puntava a definire Pechino un partner. E perché per lungo tempo Salvini ha preferito Mosca a Bruxelles. Adesso sembra che l’approccio sia cambiato. E il tempismo non è banale.

Oltre ai problemi interni, l’Italia si trova infatti al centro di cruciali sfide e scadenze internazionali. La prima è l’anno di presidenza italiana del G20, per il quale abbiamo l’onere e l’onore di dettare una agenda che purtroppo, per adesso, si è limitata ad un tanto suggestivo quanto generico slogan “persona, pianeta e prosperità”. Vedremo se con il cambio di Governo verrà modificata, ma certo i temi non mancano. A partire dalla riforma dei servizi interni al WTO. Sulla politica monetaria, per adesso, sembra esserci coincidenza transatlantica (la Bce continuerà il programma espansivo fino a marzo 2022 e forse anche oltre, la Fed proseguirà con gli acquisti di asset di 120 miliardi al mese), ma non è detto che sia per sempre. Sulla politica fiscale, invece, le strade potrebbero dividersi molto prima.

La pandemia ha accelerato la disgregazione degli equilibri internazionali degli ultimi decenni. A Davos il presidente cinese Xi Jinping, intervenuto per primo, ha confermato l’ambizione della Cina a sostituire gli Stati Uniti come guida di un mondo multilaterale. Una sfida per la supremazia che si gioca anche in quel G20 che presediamo. Per cui dobbiamo decidere da che parte stare. E come starci. Senza dimenticare che in questa competizione globale l’Europa si trova in mezzo, vaso di coccio tra quelli di ferro. Tanto più che l’uscita di scena di Trump e l’arrivo di Biden rischia di essere un cambio di passo solo apparente per quanto riguarda i rapporti tra Usa e Ue. La nuova amministrazione Usa, per esempio, ha promesso sanzioni alla Germania se farà il gasdotto Nord Stream 2 con la Russia, definendo questa settimana l’infrastruttura un “cattivo affare” per l’Europa. Antony Blinken, nuovo segretario di Stato, ha inoltre messo il veto sugli ultimi accordi commerciali europei con la Cina. Insomma, non è detto che l’Europa ritrovi il suo storico alleato statunitense.

C’è poi la conferenza sul cambiamento climatico, la COP 26 in calendario a Glasgow a novembre, di cui abbiamo la co-presidenza insieme al Regno Unito. Il discorso di Draghi a Palazzo Madama è andato al di là di un generico impegno, ha certificato il disastro a cui andiamo incontro. Perché “oltre a una buona moneta abbiamo bisogno di un buon pianeta”. D’altra parte, le preoccupazioni del mondo finanziario sono paradossalmente molto più ampie di quelle del cittadino comune (proprio perché le previsioni economiche sono disastrose). Vedremo quale sarà l’approccio dell’Italia. E vediamo anche quale sarà la capacità di dialogare con la “nuova America” di Biden, che è voluta rientrare nell’accordo sul clima.

C’è infine anche la conferenza sul futuro dell’Europa, programmata sempre per il prossimo autunno. Lo scenario internazionale è in profonda, veloce e pericolosa evoluzione e il Vecchio Continente può avere un ruolo sullo scacchiere, ma a patto che giochi in maniera coesa. Per cui, dopo l’accordo sul Next Generation Eu, è fondamentale anche che si trovi equilibrio tra le esigenze dei Paesi “frugali” e quelli con debiti pubblici più elevati. In questo la partita che giocherà l’Italia, Paese fondatore e “too big to fail”, è decisivo. E Mario Draghi è il riferimento delle capitali europee e di Washington, soprattutto con l’abdicazione di Merkel dopo vent’anni al potere. Mentre nella galassia cattolica gran parte del Terzo settore è in ‘lutto’ per l’uscita di Conte. E sta provando a riorganizzarsi. Citando papa Francesco, Draghi ha voluto parlare anche a quel mondo. Vediamo dove spira il vento. (Public Policy)

@m_pitta

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