di Massimo Pittarello
ROMA (Public Policy) – Come il Bianconiglio di Lewis Carrol, l’Italia vive una perenne condizione di ritardo. Costantemente con il fiato corto su ogni misura, da quelle sanitarie a quelle economiche, dalla legge di Bilancio al piano vaccini, dai decreti attuativi ai bandi per le terapie intensive, dai ristori ai respiratori. La lista è sterminata. Viviamo in una affannosa lotta contro il tempo, nell’eterna rincorsa degli eventi. Per cui raramente arriviamo preparati. E questo, oltretutto, è imbarazzante nei confronti degli altri componenti dell’Unione, specie verso quelli più europeisti. La cui pazienza, determinante, non è infinita. E può finire come finì a Cannes nel G20 del novembre 2011.
La riforma del Mes (non sanitario) è ferma dal dicembre scorso a causa dei veti dei 5 stelle, per cui è probabile che l’Italia arrivi all’Ecofin del 30 novembre senza una posizione. Ci sarà forse un passaggio parlamentare, ma il nostro tentennare – tanto più che non si parla di attivare lo strumento, ma di riformarlo e togliere delle condizionalità – irrita gli Stati membri. La tesi a Bruxelles è che l’Italia, nonostante sia il maggior beneficiario e il Paese che più avrebbe bisogno del Next Generation Eu, rallenti l’intero convoglio. In effetti, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) italiano, più che “in leggero ritardo” come dice Conte, è ancora allo stato larvale, come somma delle disparate esigenze elencate dai ministeri, che litigano tra loro. Per avere un termine di paragone, la Francia ha già scritto i dettagli dei vari progetti.
L’incoraggiamento arrivato da Von der Leyen (“l’Italia è sulla buona strada”) non è una difesa del nostro Paese, ma serve a puntellare il Next Generation Eu, finito sotto il veto di Ungheria e Polonia. D’altra parte, il Piano è stato voluto soprattutto dalla Germania, anche se più per ragioni geopolitiche che per generosità disinteressata. Tuttavia, da Berlino guardano al nostro Paese con diffidenza. Se fanno dei paragoni vanno in allarme. Loro hanno già pronti 60 centri di vaccinazione nei 17 Lander. Noi siamo ancora indietro con gli antinfluenzali, anche se lo sapevamo da mesi che sarebbero serviti. Già a primavera scorsa Angela Merkel aveva varato un programma straordinario per la ricapitalizzazione pubblica, parziale e temporanea, delle imprese. Noi ci abbiamo messo mesi a far arrivare la cassa integrazione ai lavoratori. E sempre nei primi giorni dell’epidemia, Berlino aveva messo sotto controllo diretto tutti i laboratori privati di analisi per poter effettuare più tamponi, noi ci siamo arrivati solo nelle ultime settimane.
D’altra parte, allargando l’inquadratura, i ritardi sono una costante. Il decreto Aprile, dopo aver cambiato nome, è stato converto a luglio. Dopo questa nuova stretta autunnale, non si è fatto in tempo a fare il decreto Ristori che ne è servito subito un secondo per recuperare. Ma era già tardi, per cui se ne è fatto un terzo. Che non basta, per cui ne arriverà un quarto. La legge di Bilancio, che doveva essere inviata a Bruxelles il 15 ottobre, è arrivata alle Camere la settimana scorsa ed è altamente probabile che, causa tempi limitati, l’esame avverrà solo a Montecitorio, mentre a Palazzo Madama saranno costretti ad una mera ratifica. D’altra parte, i decreti attuativi che servono per rendere effettive le leggi arrivano sempre mesi, se non anni, dopo le scadenze.
Sul lato sanitario, stesso ritmo. Dalla paralisi sul commissario calabrese al piano ospedali, annunciato il 13 maggio scorso, che ancora non c’è. L’elenco poi è variopinto: i banchi a rotelle, gli autobus turistici per il trasporto scolastico, il potenziamento dei mezzi pubblici, le assunzioni del personale sanitario, di quello docente, la mancanza dei respiratori. Senza parlare delle nomine, che vengono ormai abitualmente prorogate per mesi, visto che tra 5 stelle e soci di maggioranza è difficile trovare accordi, figuriamoci prendere decisioni.
Siamo sempre lì, a riparare il tetto quando già piove. “Presto che è tardi” diceva il Bianconiglio vagando nel Paese delle Meraviglie, spaventato di venir decapitato dalla Regina. Dovremmo averne anche noi, di paura, perché la pazienza degli altri non è infinita. (Public Policy)
@m_pitta