Twist d’Aula – C’era una volta la legge di Bilancio

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di Massimo Pittarello

ROMA (Public Policy) – C’era una volta “la legge più importante dello Stato”. Poi qualcosa è cambiato e anche quest’anno, come già nelle sessioni dell’autunno 2019, del 2020 e del 2021, oltre che nel 2016, probabilmente la legge di Bilancio verrà discussa e modificata in un solo ramo del Parlamento. Stavolta solo a Montecitorio. Un monocameralismo di fatto che restituisce il segnale di un trend più profondo e sostanziale: la Finanziaria ha perso il ruolo di prima ballerina che ha sempre avuto negli anni passati. E in effetti, a mettere in fila le questioni su cui il Governo è al lavoro, questa manovra ha davvero poco margine di manovra.

L’ammontare complessivo è considerevole, visto potremmo essere sopra i 30 miliardi. Tuttavia, la gran parte sarebbe già assegnata a misure già esistenti: 21 miliardi per prorogare le misure contro il caro-energia, circa 4 per confermare il taglio di due punti del cuneo fiscale. Ciò che avanza servirà per coprire alcune novità connotate politicamente (pensioni, estensione della flat tax per gli autonomi, cartelle esattoriali, flat tax sul reddito incrementale), ma con impatto relativo sui conti pubblici e probabilmente anche sull’economia. E, comunque, il taglio alle detrazioni per i redditi più alti e la riduzione del superbonus indicano un approccio (molto) più cauto e meno identitario.

Su temi politicamente delicati come pensioni e reddito di cittadinanza, sonno previste solo delle limature. Nessun game changer quindi, come fu con i gialloverdi nel 2018 (Quota 100, Rdc e flat tax per gli autonomi). D’altra parte questa manovra, contestualmente, deve far quadrare i conti, deve assecondare i sostenitori della maggioranza e deve ricevere il placet di Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Una quadratura del cerchio molto difficile, tanto più che i primi passi della squadra Meloni sono talvolta stati difficili (dalla formulazione del decreto Rave come scritto da Carlo Nordio, allo scontro incidentale con la Francia, passando per qualche simpatia con il mondo no vax).

Per cui sarebbe rischioso prendersi la responsabilità di ulteriori interventi clamorosi proprio ora. Soprattutto, per la legge di Bilancio i margini sono stretti, mentre altrove ci sono partite di ben altro peso. Bruxelles ha sempre osservato con attenzione la Finanziaria italiana ma, complice la sospensione del vecchio Patto di stabilità e le trattative sul nuovo, ciò a cui al momento presta più attenzione è il Next Generation, determinante sia per l’ammontare di risorse che mette a disposizione (quasi 30 miliardi all’anno per sette anni) sia per il percorso di riforme che prevede.

Non è un caso che per l’Fmi siano tre le riforme cruciali (cuneo fiscale, riforma tributaria, mercato del lavoro) di cui abbiamo bisogno, ma nessuna di queste ha un posto privilegiato nella legge di Bilancio. Da altra angolazione, nella sua “credit opinion” Moody’s ha sottolineato che i 21 miliardi del NGEU del primo semestre 2022 sono arrivati per il rotto della cuffia, perché sulla concorrenza siamo in ritardo. Il dibattito sui ritardi e possibili revisioni del Pnrr si fa ogni giorno più vivace, viste le cifre in ballo. Dentro alla manovra, invece, si discute se la flat tax debba arrivare a 80 o 90mila euro. E il taglio delle detrazioni per i redditi alti è di destra o di sinistra? E le pensioni a Quota 102 possono contemporaneamente accontentare le richieste di Salvini e far quadrare i conti? Questioni ostiche, certamente, ma lontane parenti di quelle affrontate nelle finanziarie di qualche anno fa. (Public Policy)

@m_pitta

(foto cc Palazzo Chigi)