Twist d’Aula – La scommessa di Draghi

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di Massimo Pittarello

ROMA (Public Policy) – Siamo ancora nell’età dei ristori, che però è anche il tempo di una grande, silenziosa, scommessa. Il Governo sta lavorando a un ulteriore decreto Ristori che, attraverso uno stanziamento tra uno e due miliardi, dovrebbe andare a erogare aiuti alle attività chiuse per legge come discoteche e sale da ballo e poi, se possibile, anche ad altri settori. Tuttavia, siamo solo a inizio anno e, in ragione dell’andamento pandemico, molti altri interventi potrebbero essere necessari, a cominciare dal nodo bollette (oltre ai 3,8 miliardi già stanziati nel 2021), il rifinanziamento del fondo lavoratori fragili, la reiterazione del bonus baby sitter, sconti Tari e finanziamenti per la rigenerazione urbana.

Un ordine del giorno a firma 5 stelle approvato dal Parlamento il 30 dicembre ha già chiesto un nuovo scostamento di bilancio. Insomma, è probabile che la spesa corrente, in deficit, aumenti ancora più di quanto già avvenuto finora (durante la pandemia il debito italiano è aumentato del 19,2% del pil, passando dal 130% a quasi il 160% del pil). Se a ciò aggiungiamo, oltre ad altre misure come quelle previste nell’ultima manovra, anche i 122,5 miliardi di prestiti del Pnrr, è evidente che il debito pubblico che pesa sulle nostre spalle non è certo destinato a scendere. Anzi.

Se ne è accorta anche la Commissione europea, che ha fatto trapelare dubbi sulla struttura dell’ultima legge di Bilancio, rea di prevedere ancora troppe uscite in spesa corrente e nessuna spending review. Fosse stato un altro Governo le perplessità di Bruxelles avrebbero avuto un’eco assai maggiore, ma c’è da dire che, al di là di tutti i ragionamenti che si possono fare sull’atteggiamento dei media e della politica verso Draghi, il Governo non è solo consapevole della questione, ma ha anche una strategia per affrontarla. Qualcuno dice una scommessa azzardata, ma certo non senza un criterio.

L’idea sottostante è che ridurre il debito pubblico con l’austerità, come non ha funzionato in passato, non può funzionare nemmeno in futuro. Detta brutalmente, tagliare qualche miliardo qui e lì, sempre con molte difficoltà legate a resistenze corporative e settoriali, sarebbe ininfluente sulla massa di oltre 2.700 miliardi di debito pubblico accumulato. Sarebbe come svuotare un oceano con il cucchiaino. Invece, visto che i debiti si misurano sempre in rapporto alla loro capacità di essere rimborsati, sostanzialmente alla capacità di produrre ricchezza, l’unica soluzione è quella della crescita.

Per questo, la silenziosa scommessa del Governo è che attraverso una serie di interventi strategici, dalle riforme agli investimenti, dalle liberalizzazioni a un poco di inflazione, dalla revisione del Patto di stabilità ad alcune mirate azioni di politiche industriale, si possa rilanciare la crescita del nostro Paese. Poco importa se adesso, di fronte alla crisi pandemica, si genera debito aggiuntivo. L’importante è che nei prossimi anni il pil italiano cresca in modo sostanziale. E, forse, questo è l’unico Governo a cui mercati e cancellerie europee concedono senza troppe proteste di fare ulteriore deficit.

Per avere un’idea, nei vent’anni prima del Covid il tasso medio di crescita annuo dell’Italia è stato dello 0,45%, almeno un punto in meno di quello europeo. Se nei prossimi anni riuscissimo a confermare le stime di +1,5%/+2% all’anno (tra il 1971 e il 2021 la Germania ha segnato una media di crescita annua dell’1,86%) non solo avremmo uno sviluppo di circa cinque volte superiore, ma con una inflazione intorno al 2% potremmo raggiungere un pil nominale in grado di rendere sostenibile il numeratore, cioè il nostro debito pubblico e il costo degli interessi. Insomma, l’era dei ristori continua, ma la grande scommessa è iniziata. (Public Policy)

@m_pitta