Twist d’Aula – Portafoglio leggero, urne pesanti

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di Massimo Pittarello

ROMA (Public Policy) – La campagna elettorale sta entrando nel vivo e nella maggioranza si è arrivati alla resa dei conti. Solo che prima di andare alle urne i conti li faranno anche e soprattutto i cittadini, con un portafoglio alleggerito da un’inflazione galoppante come non si vedeva da decenni, stipendi costantemente bassi e la quarta recessione in 15 anni che bussa alla porta.

Qualcuno lo ha capito, come i mercati che cercano sempre di anticipare i tempi. L’euro ai minimi da 20 anni sul dollaro, oltre che per il differenziale tra i tassi di interesse tra le due valute, è frutto del timore di una nuova contrazione dell’economia in Europa. Tra l’altro, lo spread tornato ai livelli del maggio 2020 testimonia che, nonostante l’ennesimo ombrello aperto dall’Europa con il Next Generation Eu e il Piano di Acquisti Pandemico, l’Italia resta il Paese più vulnerabile e più fragile. Se recessione sarà, more solito, per noi sarà più dura.

In questi due anni di pandemia lo Stato italiano ha cercato di limitare i danni intervenendo con massicce dosi di aiuti. Per conseguenza, il debito pubblico è aumentato di circa 350 miliardi di euro. Questa finestra di denaro facile, complice la stretta monetaria delle banche centrali, è in fase terminale. La coperta torna a essere corta e il bonus (l’ennesimo…) da 200 euro, come i miliardi spesi per caro energia e caro carburante, rischiano di avere effetti palliativi limitati. Ad ogni rifornimento di benzina, ad ogni bolletta del gas e della luce, ogni volta che si va al supermercato gli aumenti si fanno già sentire. Se poi il ciclo economico in autunno dovesse rallentare ulteriormente, è pronosticabile che un diffuso senso di rabbia percorra la Penisola. E che poi si riversi nelle urne.

Per avere un termometro della situazione si deve guardare alle legislative in Francia. La guerra in Ucraina ha giocato un ruolo marginale nelle scelte degli elettori e le simpatie di Marine Le Pen verso il Cremlino non sono state affatto discusse nel dibattito pre-voto. Per la prima volta il sistema a doppio turno ha favorito la radicalizzazione, compreso il partito di Melenchòn, perché gli estremi hanno puntato prima di tutto sulle questioni economiche. Per mesi l’argomento principe è stato il tenore di vita dei francesi, colpito duramente dal caro prezzi e dall’assenza di prospettive. Ad allargare l’inquadratura, qualcosa di simile è accaduto con i redneck statunitensi che hanno votato Trump e con i brexiters del Regno Unito.

In Italia invece le fratture che si stanno allargando nella maggioranza, oltre che per ragioni di risentimento personale, sono prevalentemente sulla linea di politica estera. Ed curioso che chi è a Palazzo Chigi, pur tenendo ferma la collocazione euro-atlantica del Paese, sia disposto ad ampie concessioni sui temi economici, dal mantenimento di reddito di cittadinanza e superbonus (pur contestate ufficialmente più volte), fino all’erogazione di nuovi aiuti e nuovi bonus. Anche a livello europeo, la battaglia sul tetto al prezzo del gas si fonda sulla consapevolezza che se le bollette dovessero aumentare ulteriormente potrebbe innescarsi una serie di rincari a catena che sarebbero difficilmente sopportabili per la media della popolazione.

Draghi sembra quindi avere consapevolezza delle tasche alleggerite degli italiani. Tuttavia, comunque vada, non si presenterà alle elezioni. Cosa che invece faranno i 5 stelle, che però invece danno priorità alla battaglia sull’inceneritore di Roma e sull’invio di armi a Kiev. Come loro, anche le altre forze politiche – esclusa Fratelli d’Italia – non battono più di tanto su inflazione, crisi, stipendi e lavoro. Certo, non è facile insistere su tali aspetti stando dentro alla maggioranza di Governo. Ma ormai siamo arrivati al liberi tutti e, in vista delle Politiche, sarà cruciale per ogni offerta politica calcolare correttamente quali siano i temi vincenti. Anche perché gli italiani i calcoli li stanno già facendo. E non sempre tornano. (Public Policy)

@m_pitta