Twist d’Aula – Romanzo Quirinale, best-seller tradotto in molte lingue

0

di Massimo Pittarello

ROMA (Public Policy) – Il romanzo Quirinale è un best-seller tradotto in molte lingue e venduto anche all’estero. Più che per un edonistico piacere a seguire l’intricata trama, partner europei, investitori, mercati, come anche le principali capitali di tutto il mondo hanno tuttavia oggettivo e motivato interesse a capire cosa succederà a partire da lunedì nel nostro Paese, quando il Parlamento si riunirà in seduta comune per eleggere il successore di Mattarella. L’assetto politico dell’Italia, o meglio se a guidare il Paese ci siano forze in grado di assicurare stabilità finanziaria e sostenibilità dei conti pubblici, e in questo momento a dare esecuzione al Pnrr, è assai rilevante anche all’estero, poiché influisce anche sui loro portafogli. Anzi dall’estero si tenta, talvolta con qualche successo, di influenzare quello che accade.

D’altra parte, il nostro debito pubblico è di circa 2.700 miliardi, oltre il 155% del Pil e difficilmente sostenibile senza crescita stabile. Ma noi, come dimostrato in passato, siamo too big to fail ed è anche per questo che nell’estate del 2020 Germania e Francia si sono convinte a finanziare il Next Generation Ue. Di cui, non a caso, l’Italia è il più grande beneficiario e anche l’unico che usa tutte le risorse a disposizione. Parigi, Berlino e Bruxelles non si aspettano solo che i 122,5 miliardi di prestiti vengano restituiti ma che, anche grazie ai 68,9 miliardi di aiuti a fondo perduto, il nostro Paese possa rimettersi in sesto; è nel loro interesse. La Bce detiene il 30% del debito italiano, banche e investitori hanno in pancia nostri bond (anche se assai meno del 2011) e un default avrebbe pesanti ripercussioni sull’intero sistema finanziario. A voler vedere il bicchiere mezzo pieno, si può dire che la buona salute dell’Italia è coessenziale alla vita dell’Unione europea stessa.

Anche per questo i mercati non stanno lesinando giudizi. Un report di Ubs ha sentenziato che “un passaggio del premier al Quirinale potrebbe facilmente aumentare l’incertezza” a livello politico. Più dettagliata Goldman Sachs, secondo cui l’uscita di Draghi da Palazzo Chigi potrebbe far saltare la “messa a terra” del Pnrr ed è quindi “probabile” che resti dove. Tuttavia c’è anche il parere opposto di Citigroup, secondo cui la permanenza dell’ex Bce per sette anni sul Colle più alto sarebbe sinonimo di stabilità e garanzia di riforme con qualunque tipo di Governo futuro (e a questo stanno ovviamente pensando sia Salvini che Meloni nello scegliere un candidato). Per Nomura, Moody’s e S&P, anche senza cambi di governo, dopo il voto per il capo dello Stato bisogna comunque attendersi un maggiore grado di instabilità.

Minimo comun denominatore per agenzie di rating e mercati è lo spauracchio del ritorno anticipato alle urne. Preoccupazione condivisa anche dalle capitali europee, che però hanno un problema ulteriore. Se a Roma c’è o meno uno come Draghi cambia molte cose. La sua figura, e anche la sua residenza, modificano gli equilibri nel negoziato già avviato sulla revisione del Patto di stabilità, influenzano le decisioni europee su crisi energetica e migranti. Lo stesso ex Bce può avere un peso sulle decisioni che l’Eurotower, dal suo ex ufficio, dovrà prendere su tassi, Peep e contrasto all’inflazione. Se consideriamo poi che per la prima volta dopo 16 anni la Germania è orfana di Merkel e la Francia non sa chi sarà il suo presidente a maggio prossimo, è evidente che la partita del Quirinale ha ancora più peso specifico nella scacchiera europea. Tanto più che la collocazione internazionale dell’Italia, con questo Governo, dopo simpatie filocinesi e pericolosi flirt con Mosca, è stabilmente tornata nell’area euroatlantica.

Con partiti deboli ed Esecutivi instabili, da anni il Quirinale è diventato architrave della stabilità istituzionale interna, ma soprattutto punto di contatto privilegiato dei nostri interlocutori oltreconfine. Per questo i riflettori sono puntati su di noi e le diplomazie sono a lavoro. Lo stesso arrivo di Draghi a Palazzo Chigi un anno fa fu favorito da Berlino e Parigi, ragionevolmente preoccupate che il Governo rosso-giallo di Conte non fosse in grado di dare esecuzione al Pnrr. Poco più di un anno prima, dopo l’all-in di Salvini che chiese i “pieni poteri” dalla spiaggia del Papeete, il ritorno alle urne fu evitato anche grazie alle pressioni di Bruxelles, Parigi, Berlino, Washington (Giuseppi… do you remember?) e Vaticano sul Nazareno, che fecero cambiare idea a Zingaretti. A inizio legislatura poi, la possibile nomina di Paolo Savona a ministro dell’Economia, prima ancora di essere bloccata da Mattarella – testimonianza di quanto la presidenza della Repubblica è determinante – fu salutata dai mercati con una crescita impetuosa dello spread. Ecco, non è escluso che, oltre a essere in mondovisione, la partita del Quirinale sia oggetto di scommesse tanto pesanti dal condizionarne l’esito. Il mondo, l’Europa, i mercati; sono tutti alla finestra, spettatori assai interessati a quello che succederà questa settimana in Italia. (Public Policy)

@m_pitta

(foto Daniela Sala / Public Policy)