UE, NAPOLITANO A BERLINO: SERVE UNA LEADERSHIP CHE AGISCA IN NOME DELL’EUROPA

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(Public Policy) – Roma, 1 mar – Abbiamo visto in certe fasi
emergere e formarsi quella che possiamo chiamare una
leadership europea, così come abbiamo invece sperimentato
nella prima parte del nuovo millennio il decadere di quel
processo, l’inaridirsi dell’immagine dell’Europa proprio
mentre essa si unificava ed era chiamata ad assumere un
ruolo più incisivo su scala mondiale.

È da quell’inaridimento che è venuto in gran parte il
disincanto crescente nelle nuove generazioni verso l’idea
d’Europa e verso le istituzioni in cui essa si è via via
incarnata.

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
all’Università Humboldt a Berlino ha ricordato la figura
dell'”indimenticato Cancelliere della Repubblica federale di
Germania e Premio Nobel per la pace Willy Brandt” e ha
tenuto una “lecture” sull’unità politica dell’Europa e sul
processo di formazione di una leadership europea.

“Evitiamo – ha premesso – banali fraintendimenti. Non si
tratta di esprimere valutazioni, tanto meno da parte mia –
senza avere alcun titolo per farlo, e sapendo che non
avrebbe senso farlo – sull’idoneità e qualità di chi è stato
negli ultimi tempi chiamato ad assumere, specie se per
volontà popolare democraticamente espressa, i più alti
incarichi di direzione nei governi nazionali e nelle
istituzioni europee. La questione su cui interrogarci è
quella della trama dei rapporti tra loro, delle motivazioni
e delle modalità del loro stare insieme e operare insieme in
nome dell’Europa”.

“Quel che ci si attende da noi europei – ha continuato il
presidente Napolitano – è la forza di una comune linea
politica e capacità di azione, la forza di una leadership
credibile, che operi attraverso istituzioni efficienti e
sulla base di un più alto grado di consenso e di
partecipazione dei cittadini”.

Espressa la convinzione che i fondamentali presupposti di
un rilancio e conseguente sviluppo del processo di
integrazione siano seriamente condivisi da quanti hanno oggi
responsabilità istituzionali nei maggiori Stati membri
dell’Unione o del suo nucleo più avanzato, l’Eurozona,
Napolitano ha aggiunto: “Vorrei notare che per tutti i padri
fondatori dell’Europa comunitaria quella scelta ne esaltò la
statura nei rispettivi Paesi. Poi è purtroppo accaduto che
nei tempi più difficili e critici per il nostro continente,
ci siano stati leader nazionali che hanno trovato
conveniente non perorare troppo la causa europea e anzi fare
delle istituzioni europee il capro espiatorio della loro
mancanza di coraggio”.

Per affrontare al meglio il
futuro, dice Napolitano, bisogna restare uniti: “Nessuno
Stato nazionale membro dell’Unione, nessun singolo Paese
europeo, neppure il più forte e dinamico, può con le sue
sole forze reggere le sfide dell’oggi e del domani e contare
nel mondo: nemmeno, mi consentano di dirlo gli amici del
Regno Unito, puntando sulle rendite di posizione di un
passato di grande potenza pluricontinentale”.

Poi precisa che “se è vero che in quanto europei dobbiamo
operare di concerto e solidalmente, sentendoci ‘tutti nella
stessa barca’; se è vero che anche la più robusta e
competitiva economia europea, quella tedesca, è esposta ai
contraccolpi della pesante onda recessiva che ha investito
importanti Paesi del continente come l’Italia, sarebbe
lecito attendersi – lo dico senza voler semplificare i
relativi problemi – un impulso espansivo da parte della
Germania, come contributo a una reale, e non solo
proclamata, ripresa della crescita e dell’occupazione in
Europa”.

Per ricostruire un clima di fiducia nel progetto europeo,
continua Napolitano, è decisivo sollevare i cittadini, le
famiglie, le imprese dall’assillo dell’instabilità
finanziaria, in cui si sono dibattuti numerosi nostri Paesi,
e mostrare la rinnovata capacità delle istituzioni e delle
iniziative comunitarie di produrre crescita, benessere,
equità.

“In una Unione europea che ha abbracciato la strategia e i
valori di una economia sociale di mercato – ha ricordato il
capo dello Stato italiano – non si può non gettare l’allarme
per il configurarsi in Europa di una grave questione
sociale, la cui principale espressione sembra quella della
tendenza delle nostre economie, o di una parte di esse, a
generare – anche nel riprendere un sentiero di crescita –
meno occupazione, scarsa occupazione, cattiva occupazione”.

Poi Napolitano ha citato la kanzlerin: “La mia visione – ha
affermato qualche mese fa il Cancelliere tedesco signora
Merkel – è l’Unione Politica”; e quindi ella ha disegnato a
grandi linee quel che “potrebbe essere l’assetto futuro
dell’Unione dell’Europa, in un prossimo futuro, e dopo molti
passi intermedi”. “Affermazioni importanti – ha continuato
il presidente – anche perché l’assetto abbozzato – compreso
un crescente trasferimento di competenze alla Commissione
come governo europeo – sembra essere vicino a quello di
un’Europa federale.

L’interrogativo è allora il seguente:
con quali ‘passi intermedi’ si intende cominciare, e quando?
O in alternativa a questa ipotesi di graduale
trasformazione, si ritiene che possa raccogliersi, di qui
alle elezioni europee del 2014, il consenso necessario per
mettere in moto, attraverso la convocazione di una
Convenzione ad hoc, il confronto su un nuovo Trattato
costituzionale, su una vera e propria “Legge Fondamentale”
dell’Unione?”.

“La risposta a tale interrogativo – ha concluso Napolitano
– richiede una riflessione molto seria e senza
pregiudiziali, una ricognizione politica molto attenta e
responsabile. Per il momento mi sento solo di dire che
bisogna avviarla, quella riflessione, non considerarla un
lusso da riservare a tempi più tranquilli. Perché essa
rappresenta il banco di prova più significativo per il
manifestarsi e consolidarsi di una nuova leadership
europea”. Della quale, ha ribadito “abbiamo assoluto
bisogno”. (Public Policy)

SPE