di David Allegranti
ROMA (Public Policy) – Ipotesi di “terzo polo”. Le suggerisce Carlo Calenda, che ha appena celebrato il primo congresso nazionale di Azione, trasformando il movimento in un partito strutturato. “Oggi non ci vuole un centro nel senso deteriore del centrismo, ma ci vuole una terza area politica, che sia l’area del riformismo pragmatico”, ha detto al Corriere della sera. Un riformismo che “non è ostaggio dei 5 stelle da un lato e dei sovranisti dall’altro”. Apriti cielo. Giuseppe Conte, ex leader M5s, per ora congelato per effetto di un’ordinanza del tribunale di Napoli, si è parecchio adontato. Anche perché Enrico Letta, segretario non congelato del Pd, è andato a trovare Calenda complimentandosi per il lavoro che sta svolgendo.
L’ipotesi del capo del Pd è quella di costruire un campo largo se non larghissimo in cui ci sia dentro anche Azione. Dettaglio non secondario: Calenda non vuole stare coni il M5s. È una posizione storica dell’ex ministro dello Sviluppo economico e la porta avanti da anni. “Noi siamo per il dialogo, ma il dialogo non vuol dire l’accettazione di qualunque controparte. Noi non dialoghiamo e non accettiamo il confronto con il Movimento 5 stelle e con Fratelli d’Italia”, ha detto Calenda nel suo intervento, facendo inevitabilmente arrabbiare Conte, che ancora parla a titolo del M5s pur essendo provvisoriamente decaduto: “L’arroganza e i veti li lasciamo agli altri. Riempirsi la bocca di riformismo è facile, i fatti sono un’altra cosa e in questi anni noi li abbiamo portati a casa, dal superbonus al reddito di cittadinanza”. C’è differenza, dice Conte, tra “campo largo” e campo di battaglia, “le accozzaglie di potere a noi non interessano”.
Su questo si potrebbe però discutere, ricordando che il M5s ha amato molto le accozzaglie quando sono servite ad andare al Governo (non necessariamente formate da troppi partiti). Ma forse sono dettagli. Il senso politico, comunque, è un altro. Letta si è accorto che il M5s azzoppato potrebbe non reggere a lungo e sta cercando alternative al “punto di riferimento fortissimo di tutti i progressisti”. Il problema è dove trovarle, queste alternative. Calenda con i 5 stelle non vuole starci, Matteo Renzi con la sua Italia viva è al lavoro con Giovanni Toti e con un pezzo non sovranista di Forza Italia. Potrebbe nascere insomma un terzo polo o una cosa centrista ma non è detto che dialoghi con la sinistra. Certo, molto dipenderà anche dal tipo di legge elettorale che sarà costruita, ma la domanda da farsi è: manca un anno al voto, il Parlamento non è stato in grado di dare risposte sui quesiti e i temi referendari sui quali si è pronunciata la Corte costituzionale, ammettendone alcuni, non ammettendone altri. Adesso ci sono parlamentari che invocano la primazia parlamentare, dicendo che Camera e Senato sono in grado di dare risposte prima dei referendum sulla giustizia, per dire. C’è molto ottimismo, a quanto pare. La maggioranza di governo litiga nelle commissioni sul tetto al contante e sull’ex Ilva, appare complesso che da questo scampolo di legislatura ci si possa aspettare granché. In ogni caso, le forze centriste alle prossime elezioni politiche ci saranno. Non abbiamo ancora capito quante saranno. (Public Policy)
@davidallegranti