ROMA (Public Policy) – Non sono solo i decreti Sicurezza o il reddito di cittadinanza i punti più incerti su cui sta discutendo la nuova maggioranza M5s-Pd: certamente anche in materia di scuola, tra l’altro a pochi giorni dalla riapertura dell’anno scolastico, le frizioni non mancano e non sembra proprio che i prossimi alleati abbiano una prospettiva compatibile. Almeno ripartendo da quanto accaduto, da ultimo, appena prima della pausa estiva al Senato.
“Signor Presidente, loro sono tutti uguali: sono quelli che ce l’hanno con i dirigenti scolastici perché evidentemente ritengono che siano persone poco affidabili; sono quelli che nella chiamata per competenze vedono solo ed esclusivamente la possibilità del dirigente scolastico di crearsi proprie clientele; sono quelli che del mondo della scuola hanno una visione semplicemente legata al consenso, che il cambiamento non comporta”. Con queste parole, il 18 luglio 2019, Flavia Malpezzi (Pd) annunciava il voto contrario del gruppo dem, nell’Aula di Palazzo Madama, all’approvazione in prima lettura di alcuni disegni di legge di M5s, Lega e Leu per modificare la legge 107 del 2015, la cosidetta “Buona Scuola” renziana, presentati con l’obiettivo di cancellare dalla legislazione vigente due istituti introdotti ex novo proprio nel 2015: gli ambiti territoriali e la chiamata diretta dei docenti.
Il provvedimento legislativo, voluto fortemente da M5s e Lega e approvato con 146 voti a favore a Palazzo Madama, era già stato inserito dalla vecchia maggioranza nel calendario di Montecitorio, in modo da poter concludere definitivamente l’iter (tra commissione e Aula) a cavallo tra settembre e ottobre. La prospettiva di una maggioranza M5s-Pd, chiaramente, potrebbe rimettere tutto in discussione, dato che il Partito democratico si è espresso numerose molte dichiarando di non voler stravolgere l’impianto della 107. Compresi, dunque, gli ambiti territoriali, ovvero le circoscrizioni territoriali in cui un docente già di ruolo può svolgere la propria funzione (se reclutato dopo l’entrata in vigore della “Buona Scuola”) e la chiamata diretta.
La riforma della 107, approvata con alcune modifiche in commissione 7a partendo dal progetto legislativo presentato da Bianca Laura Granato (capogruppo M5s in commissione Istruzione a Palazzo Madama), prevedeva anzitutto l’abolizione della cosiddetta “chiamata diretta” dei docenti da parte dei dirigenti scolastici, istituto tra l’altro già ‘scardinato’ dal ministro Bussetti in sede di contrattazione integrativa con i sindacati nel corso del 2018 (ma ancora formalmente in vigore).
L’abolizione degli ambiti territoriali, già prevista dalla legge di Bilancio per il 2019 per i nuovi docenti della scuola secondaria immessi per via concorsuale, riguardava invece quegli insegnanti assunti su ambito (e non più su scuola, come accadeva prima del 2015) proprio in virtù del piano straordinario di immissioni in ruolo previsto dalla “Buona Scuola”: gl iinsegnanti titolari su ambito alla data del 1° settembre 2018, specificava il nuovo comma 73-bis introdotto dal ddl nel testo della legge 107 del 2015, sarebbero divenuti titolari nella scuola che gli aveva conferito l’incarica triennale.
Inalterati nel ddl Granato, invece, i ruoli regionali del personale docente, suddivisi in sezioni separate per gradi di istruzione, classi di concorso e tipologie di posto e la possibilità per i presidi di utilizzare insegnanti (con titolo di studio idoneo e esperienze valide nella disciplina) in classi di concorso diverse da quelle in cui avevano l’abilitazione, in casi di estrema necessità e mancanza di alternative.
Alla luce della nuove prospettive politiche e della nuova possibile alleanza tra M5s e Pd il percorso di approvazione del ddl appare certamente più in salita.
Potrà, dunque, il M5s rinunciare a “cancellare il pezzo più vergognoso della legge 107 del 2015“, come detto durante la dichiarazione di voto sul suo ddl da Granato? Secondo cui con le riforme renziane “la scuola, già minata alle fondamenta nel suo ruolo costituzionale dall’introduzione dell’autonomia scolastica, diventava definitivamente un progettificio, orientato dalle scelte didattiche di un dirigente scolastico fuori da ogni controllo gerarchico” e il docente “perdeva quella libertà di insegnamento previsto all’articolo 33 della Costituzione”. (Public Policy) IAC