(Public Policy) – Roma, 23 ott – Il decreto legge del
Governo Monti sui costi della politica e la riorganizzazione
degli enti locali è un provvedimento a tratti “sbilanciato”
e “sproporzionato” con “alcune norme su cui si possono
sollevare questioni di incostituzionalità”, specialmente per
quanto concerne il controllo sugli enti locali da parte
della Corte dei conti.
La materia inoltre sarebbe da trattare con un istituto più
complesso che non sia un decreto legge. Questo il giudizio
unanime, con vari distinguo, di alcuni esperti chiamati oggi
in audizione alla Camera davanti alle commissioni riunite
Affari Costituzionali e Bilancio in merito al dl
“Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento
degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in
favore delle zone terremotate nel maggio 2012”.
ORAZIO ABBAMONTE (UNIVERSITÀ DI NAPOLI)
Il più critico con il decreto del Governo è Orazio
Abbamonte, ordinario di diritto all’Università di Napoli,
che sottolinea come in alcuni punti il dl modifichi e violi
alcuni articoli della Costituzione.
“Non mi sarei mai aspettato – dice Abbamonte – di dovermi
trovare difensore dell’autonomia regionale però
obiettivamente questo decreto legge contiene dei profili che
lasciano perplessi. La norma più illuminante per intendere
quanto questo dl sia in conflitto con l’impianto
costituzionale è l’ex art 125 della Costituzione, che
contemplava il controllo di legittimità sui dati
amministrativi delle Regioni. Questa norma è stata abrogata
nel 2001 quando cioè si decise di potenziare la dimensione
dei poteri regionali”.
“Già la forma del dl – aggiunge il professore – è una forma
particolarmente autoritaria ed è una forma di intervento
assai poco adatta a questi contenuti così importanti: se
questo decreto passa, si cambia una parte importante della
Costituzione. Si è pensato di controllare preventivamente
gli atti amministrativi a carattere generale e particolare e
tutti quelli programmatori delle Regioni: il controllo
preventivo di legittimità è la forma più mortificante di
controllo per le istituzioni, tanto che nell’800 si parlava
di tutore e di pupillo”.
“Inoltre – prosegue Abbamonte – i conti delle Regioni
vengono sottoposti al controllo della Corte dei conti, che è
un organo ausiliario del Governo e questo contrasta con la
logica costituzionale del Titolo V, secondo cui l’intervento
dello Stato dovrebbe essere un intervento di eccezionalità.
Inoltre prevedere un decurtamento dei finanziamenti per le
Regioni che non rispettano i parametri imposti da questo dl,
significa violare l’articolo 123 della Costituzione. Sono
comportamenti di piazza e nati sull’onda delle polemiche,
non leggi istituzionali”.
Anche gli altri esperti
intervenuti all’audizione alla Camera hanno sottolineato
diversi aspetti critici e controversi del dl, soffermandosi
tutti sulla norma che prevede il controllo della Corte dei
conti sugli atti regionali: un controllo sia ante che post e
che, a detta della maggior parte dei professori intervenuti,
bloccherebbe l’attività delle amministrazioni locali. C’è
stato anche chi, però, ha criticato in parte la posizione
del professor Abbamonte.
GIOVANNI GUZZETTA (UNIVERSITÀ DI TOR VERGATA)
Giovanni Guzzetta, costituzionalista, professore
all’Università di Roma Tor Vergata prende in esame
soprattutto la norma, contenuta nel dl che prevede di
decurtare l’80% dei finanziamenti a quelle Regioni che non
si attengono ai parametri disposti (numero dei consiglieri,
conti, spese). Una norma che Guzzetta definisce
“sbilanciata” se non “sproporzionata” tra ciò che si chiede
e ciò che si minaccia. “Anche perché – sottolinea – E’ molto
difficile per le Regioni stare nei paramentri. Si è
stabilito che si prenderà ad esempio la Regione più virtuosa
ma si deve stabilire prima qual è e poi adguare tutte le
altre. E per fare tutto ciò il Governo ha dato un tempo
irrisorio, appena 20 giorni. Questa non sembra una norma per
collaborare e venirsi in contro”.
ETTORE IORIO (UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA)
Il professor Ettore Iorio, dell’Università degli studi
della Calabria, sottolinea come una materia così complessa
non debba essere trattata con uno strumento così rapido come
un decreto legge. Inoltre prende in esame la norma che
prevede l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni
per quegli amministratori che hanno favorito il dissesto di
un ente locale. Iorio si domanda: “Si puniscono gli
amministratori colpevoli della cattiva gestione e si
gratifica per altri cinque anni chi ha concorso a quel
dissesto?”.
ALDO LOIODICE (UNIVERSITÀ DI BARI)
Anche Aldo Loiodice, professore dell’Università di Bari,
critica il ruolo dato dal dl alla Corte dei conti,
incaricata di controllare ex ante ed ex post i conti e gli
atti degli enti locali. “L’articolo 5 del testo messo a
punto dall’Assemblea costituente – ricorda – prevedeva di
dare autonomie alle Regioni. Il dl del Governo Monti si pone
addirittura al di sotto di quello che prevedeva l’Assemblea
costituente. Non può essere la finanza il pretesto per
questo tipo di interventi… La legge Scelba a confronto era
democratica e più respirabile, anche se veniva vista come
statalista”.
Loiodice quindi chiede un emendamento migliorativvo su
questo punto del dl: “Il controllo sulla legittimità degli
atti – dice – è un’ipocrisia legislativa. Il controllo
preventivo significa che la Regione per fare una qualsiasi
cosa deve aspettare almeno 60 giorni. Allora si stabilisca
almeno una riduzione dei termini del controllo della Corte
dei conti”.
RICCARDO MUSSARI (UNIVERSITÀ DI SIENA)
Riccardo Mussari, dell’Università degli studi di Siena,
osserva che “la predisposizione di questo dl non è delle più
chiare. Ad esempio sul controllo da parte della Corte dei
conti sugli atti degli enti locali, mi chiedo: il collegio
dei Revisori che fa, se la Corte dei conti controlla al suo
posto? Mi è veramente complesso capire inoltre perché la
Corte dei conti debba controllare ogni sei mesi. Il
controllo sui controlli interni non ha senso, è troppo e non
è questo lo strumento migliore per garantire la salvaguardia
degli equilibri finanziari”.
RITA PEREZ (UNIVERSITÀ DI ROMA LA SAPIENZA)
Rita Perez, dell’Università La Sapienza di Roma, sottolinea
invece come il controllo della Corte dei conti sugli enti
locali non sia una novità, bensì una prassi già sancita da
una legge costituzionale del 1994 e ribadita da diverse
sentenze della Corte costituzionale. “All’epoca – sottolinea
Perez – nessuno si era posto il problema della possibile
incostituzionalità di questa funzione”.
Anche lei però è critica sul controllo preventivo della
stessa Corte dei conti su tutti gli atti degli enti locali.
Un controllo che, dice, se messo in atto “blocca l’attività
legislativa e impedisce di vederne i possibili benefici”.
Inoltre, sottolinea Perez, “perché si è previsto un
controllo sui conti dei gruppi consiliari ma non su quelli
della presidenza?”.
GIULIO SALERNO (UNIVERSITÀ DI MACERATA)
Giulio Salerno, dell’Università degli studi di Macerata, si
dice in linea con la professoressa Perez e sostiene che la
funzione di controllo della Corte di conti non è certo una
novità e che questa agisce “sulla finanza pubblica tutta”.
Sostiene però che il dl debba “essere riportato a
proporzionalità” perchè la Corte costituzionale “ha
sottolineato che lo Stato deve rispettare le autonomie
regionali” e invece ad esempio l’articolo 2 del decreto,
quello sui gruppi consiliari, “introduce una normativa
invasiva su cui si possono sollevare dubbi di
costituzionalità”. (Public Policy)
VIC