EURO, DRAGHI: BASSI TASSI D’INTERESSE SOLO IN CIRCOSTANZE DI CRISI /FOCUS

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(Public Policy) – Roma, 18 feb – Mario Draghi usa la parola
“sfide” quando tocca l’argomento degli effetti di un periodo
prolungato di bassi tassi di interesse, come quello che
caratterizza ancora il quadro finanziario europeo.

Il presidente della Bce è intervenuto sul tema parlando alla
platea della commissione per i problemi economici e monetari
del Parlamento europeo. Il suo intervento si è incentrato su
una considerazione di fondo: “I cambiamenti nelle politiche
di tasso di interesse normalmente non sono lo strumento
migliore per contrastare gli squilibri finanziari. Devono
essere considerati solo sotto circostanze molto particolari,
per esempio quando il forte aumento dei prezzi in un settore
minaccia la stabilità dei prezzi in generale”.

Le circostanze particolari, per Draghi, sono quelle
verificatesi con la crisi finanziaria. È stata la crisi a
indurre la Banca centrale europea a intervenire con misure
“senza precedenti”, come abbattere il tasso ufficiale di
riferimento allo 0,75%, “un livello mai visto prima,
virtualmente, in tutti i Paesi dell’area euro” o “a dare
alle banche accesso senza restrizioni al finanziamento della
Banca centrale in tutte le operazioni di rifinanziamento”.

La Banca centrale europea, ha affermato tuttavia il
presidente, “è cosciente delle sfide che emergono da un
ambiente a bassi tassi d’interesse”. Il primo potenziale
problema è che “bassi tassi d’interesse potrebbero
danneggiare la capacità di risparmiatori di investitori di
generare remunerazioni. Questo è, in particolare, il caso di
istituzioni con rendimenti nominali, come le compagnie
d’assicurazione e i fondi pensioni. Tuttavia, assicurando la
stabilità dei prezzi durante la crisi, la politica monetaria
ha contribuito a creare condizioni finanziarie più stabili.
Questo è centrale per gli interessi di risparmiatori e
investitori: ci possono essere rendimenti sostenibili sono
in un ambiente stabile”.

La seconda sfida riguarda
gli effetti che i bassi tassi hanno sul comportamento delle
banche. Durante un periodo prolungato di bassi tassi di
interesse, e di ampia liquidità, ha dichiarato Draghi, le
banche “sono meno incentivate nel monitorare i rischi di
credito e potrebbero erogare troppi prestiti ad affari non
redditizi”.

Nel tempo, un’allocazione sbagliata di questo tipo, avrebbe
per Draghi effetti negativi sulla produttività generale e
deprimerebbe la crescita e l’occupazione.
La terza sfida deriva dal fatto che aggiustamenti monetari
prolungati, “potrebbero alimentare bolle nel mercato
immobiliare e altri settori. Come la crisi ha dimostrato, lo
scoppio di bolle simili impatta con costi molto pesanti per
l’economia reale”.

In questo contesto, l’interrogativo che molti si fanno è
“se la politica monetaria debba essere usata attivamente per
contenere boom di prezzi in determinati settori”. Nel
rispondere Draghi ha ricordato che simili interventi valgono
solo in circostanze straordinarie. Nella situazione di crisi
le politiche della Bce hanno “implicitamente contrastato” il
manifestarsi di bolle di mercato: “Ci focalizziamo su un
orizzonte di medio termine e teniamo di conto
dell’evoluzione monetaria, nel valutare i rischi per la
stabilità dei prezzi”.

Ma detto questo, Draghi ha sottolineato con fermezza che,
in circostanze normali, gli interventi sui tassi d’interesse
non costituiscono strumenti appropriati per contrastare gli
squilibri. In questi casi le risposte devono essere
nazionali. “Per evitare l’affermarsi di rischi eccessivi nei
mercati finanziari, o nel mercato immobiliare le autorità
nazionali hanno strumenti fiscali e di supervisione
appropriati a loro disposizione”. (Public Policy)

LEP